giovedì 8 ottobre 2009

veglia

Ed ecco che l’angoscioso sentimento di catastrofe che avvertivo sulla pelle negli ultimi giorni si è concretizzato stanotte, intorno alle tre, in una telefonata con cui mi annunciavano la morte di mia zia Maria. Era vecchia e malata e ce lo aspettavamo da tempo. Non ho potuto però fare a meno di provare un gran senso di dispiacere perché era una delle zie per cui provavo più simpatia. Una di quelle che aveva scelto in una tipica famiglia meridionale, cioè religiosissima e leggermente bigotta, la via dello scandalo.
Sapete, famiglie come la nostra vivono di primi casi. Sono il succo delle nostre storie. Così come c’è stato mio zio Onofrio che è stato il primo a scrivere poesie, così come mio nonno è stato il primo musicista nottambulo perditempo di famiglia, e a me è rimasto solo il ruolo assai meno divertente del primo laureato di casa, così lei è stata l’unica donna della mia famiglia a lasciare a un certo punto il marito perché, diceva, non lo sopportava più. Non conosco benissimo la loro storia ma pare fosse stato un matrimonio senza amore e quando anche la pazienza finì, lei fece una cosa inaudita per i tempi e lo mollò, portando con sé il figlio disabile. Non posso dire nulla di male di suo marito, non l’ho conosciuto bene ed è morto molti anni fa, ma mi pare non fosse una cattiva persona, solo era testardo come un mulo. Non parlavano mai. Non si amavano. Può succedere.
Questa storia mi mette addosso una certa tristezza. Lui è morto solo e abbandonato nella sua casa in campagna. Era malato e non c’è stato nessuno che si sia occupato di lui. Lei è morta sola stanotte, non più autosufficiente e un po’ tocca. Ci ha dato la notizia la badante. E solo resta ancora il loro figlio disabile, che ha cinquant’anni e non sa legarsi le scarpe e prende una pensione da fame. Mi chiedo cosa sarà di lui. Ho pensato a questa storia tutta la notte.



Stamattina poi, per quegli strani accostamenti del pensiero che ti vengono fuori quando meno te lo aspetti, mi sono reso conto, guardando la data, che domani cade l’anniversario della morte del Che Guevara, un altro uomo che ha sacrificato tutto per la libertà, pure gli uomini che l’hanno seguito fiduciosi nella sua ricerca dell’ideale. Ho pensato persino al Lodo Alfano, credetemi, alla beffa subita ieri dal Governo. Ho pensato ai cazzi miei personali, a delle cose che mi sono state dette. E mi sono accorto che siamo in fondo così uniti, gente, che non c’è idea di libertà che non sia in fondo una forma di crudeltà verso l’altro. La libertà è crudele e dura, è così. Si sacrifica sempre qualcuno per ottenerla. È una lotta, una conquista che richiede dello spargimento di sangue, per strapparsi gli altri di dosso, e motivati da un tale senso di necessità da ritenere alla fine la sofferenza degli altri, appunto, il male minore.

2 commenti:

giardigno65 ha detto...

Se io muoio non piangere per me, fai quello che facevo io e continuerò vivendo in te.

CHE

marian. ha detto...

che bei pensieri tristi. quel figlio solo e inerte per colpa della natura matrigna e della società che lascia sole certe famiglie...una zia-coraggio che ha fatto il suo tempo, uno zio senza colpa, nè gloria e il Che che voglio credere non se ne sia andato mai davvero per sempre. nella tristezza le lampadine migliori....