giovedì 7 ottobre 2010

perché occorre ritradurre l'hemingway della maturità

Pubblico un bellissimo articolo di Piero Ambrogio Pozzi, che ho letto su Le Reti di Dedalus (qui). È un po’ lungo all’apparenza ma parecchio scorrevole e assolutamente rivelatore di pratiche e consuetudini relative al mondo dell’editoria che andrebbero sempre tenute presenti e non solo in questo caso. Poi, ovviamente, da grande appassionato di Hemingway non posso che sottoscrivere tutto, parola per parola, quel che è scritto.



Ernest Hemingway non aveva un buon rapporto coi critici; ne aveva uno peggiore con gli accademici. Combatteva spesso con i professori, soprattutto per convincerli a non scrivere sue biografie mentre era ancora in vita. Una battaglia persa in partenza, perché non c’era università in cui non si avviassero studi su un soggetto tanto celebrato. Furono costruite carriere, sugli studi hemingwayani.
L’assedio degli studiosi cominciò a farsi fastidioso, e poi insopportabile, nel secondo dopoguerra, quando Hemingway tornò a pubblicare dopo un decennio di silenzio: prima Across the River and Into the Trees, e poi The Old Man and the Sea, i libri dei quali mi occuperò in questo articolo.
Quasi nessuna delle critiche ad Across the River and Into the Trees gli fu favorevole. Poche di quelle a The Old Man and the Sea gli furono gradite. Apprezzò, e ne fu fiero, soltanto il blurb chiesto al rispettato storico dell’arte Bernard Berenson per la quarta di copertina di The Old Man:
An idyll of the sea as sea, as un-Byronic and un-Melvillian as Homer himself, and communicated in a prose as calm and compelling as Homer’s verse. No real artist symbolizes or allegorizes – and Hemingway is a real artist – but every real work of art exhales symbols and allegories. So does this short but not small masterpiece.
Hemingway si definiva uno scrittore che cercava di scrivere bene storie vissute, o meglio rese verosimili dalle sue esperienze di vita, che non erano precisamente le stesse dell’uomo medio. Davvero aveva esperienza di guerra, di tauromachia, di caccia grossa, di amore in tutte le sue declinazioni. Non aveva bisogno di assegnare simbolismi o sottintesi psicologici alle sue costruzioni letterarie. Tuttavia era perseguitato da una saggistica saccente e disinformata, frutto dell’invenzione di letterati che non potevano avere accesso al suo stile di vita né cercavano di impostare i loro studi sulla diretta conoscenza del soggetto: invariabilmente importunavano Hemingway a progetto già definito, cercando conferme che Ernest non poteva dare, e facendolo imbufalire per la perdita del suo prezioso tempo. Hemingway voleva solo scrivere, e scrivere bene.

Dopo aver combattuto in patria senza successo le biografie non autorizzate, figuriamoci se poteva combattere le cattive traduzioni all’estero. E in Italia queste apparvero, in un periodo in cui Ernest si costringeva a star lontano dal nostro paese, soprattutto da Venezia (Il vecchio e il mare uscì nel 1952), e dopo che aveva scelto con la morte di starne lontano per sempre (Di là dal fiume e tra gli alberi uscì nel 1965). Il mito di Hemingway si dissolse acriticamente nel mito di Fernanda Pivano, poi consacrato nel doppio Meridiano dei romanzi di Ernest assieme alle altre traduzioni, che non sono, ripeto, oggetto di questo articolo. Senza interventi di revisione, autentiche sciocchezze scivolarono – ancora senza rimedio – sotto gli occhi dei lettori, molti dei quali si saranno chiesti dov’era la grandezza di Hemingway. Più di un critico nostrano scrisse degli ultimi libri di Hemingway come di libri minori. Ah, se qualche revisore avesse scrostato via la sciatteria, se qualche redattore avesse indagato solo un poco sulla incomprensibilità di certe frasi, qualche generazione di lettori avrebbe potuto meglio capire, soprattutto sentire. Avrebbe sentito che in Across the River si parlava di amarezza del mestiere di soldato, di onore, amore e morte, che il passaggio in Veneto da Latisana non era preso dal Baedeker né dalla Guida Michelin, ma dal cuore. Avrebbe sentito che The Old Man era scritto in una prosa per la quale Hemingway aveva lavorato tutta la vita, una prosa che si leggesse facilmente, in semplicità, che sembrasse concisa pur avendo tutte le dimensioni del mondo visibile e del mondo che sta nello spirito d’un uomo.
Non solo. I nostri studiosi, stimolati da traduzioni decenti, avrebbero scoperto molte cose interessanti. Per esempio la stretta derivazione di Across the River dal Notturno di Gabriele D’Annunzio, al limite del plagio. La lettura parallela di Across the River e del Notturno è emozionante, e dà un’idea di quanto l’Italia e l’anima italiana fossero ammirate da Hemingway, una constatazione non da poco in questo periodo in cui ci si trastulla a sentirsi derisi dal mondo. Cito solo uno scampolo di parallelismo: D’Annunzio infermo lascia fluire i suoi ricordi di guerra, vita e morte steso sul letto della Casa Rossa, il colonnello Cantwell prossimo a morire lascia scorrere pensieri simili steso su un letto del vicino Hotel Gritti, nel sestiere di San Marco, a Venezia. La narrazione del Vate è raccolta dalla figlia Renata, quella del colonnello da… Renata, la sua Daughter. E spesso parlano degli stessi campi di battaglia, sul Carso, sul Pasubio, nel Basso Piave; o di sorella Morte, che per Cantwell è Thanatos, il fratello del Sonno.



Tre esempi di cattiva traduzione, tra gli innumerevoli da Across the River.

Il protagonista, colonnello Cantwell, parla di D’Annunzio:
…writer, poet, national hero, phraser of the dialectic of Fascism, macabre egotist, aviator, commander, or rider, in the first of the fast torpedo attack boats, Lieutenant Colonel of Infantry without knowing how to command a company, nor a platoon properly, the great, lovely writer of Notturno whom we respect, and jerk.

Questa la traduzione corrente:
…scrittore, poeta, eroe nazionale, cantore della dialettica del fascismo, egoista macabro, aviatore, comandante o autista nella prima Mas, tenente colonnello di fanteria che non sapeva da che parte si comincia a comandare una compagnia e neanche un plotone, il grande, meraviglioso autore del Notturno che tutti rispettiamo e sfottiamo.

Ci sono alcune cose da rettificare, soprattutto che D’Annunzio non era un autista, ma l’eroe della Beffa di Buccari:
…scrittore, poeta, eroe nazionale, formulatore della dialettica fascista, macabro egotista, aviatore, comandante – o membro d’equipaggio – sulla prima delle motosiluranti d’attacco, tenente colonnello di fanteria senza sapere come comandare decentemente una compagnia e nemmeno un plotone, il grande, delizioso autore del Notturno rispettato da tutti, e imbecille.

Cantwell racconta la tragedia della battaglia nella foresta di Hurtgen, nella seconda guerra mondiale:
Tree burst wounds hit men where they would never be wounded in open country.

Questa la traduzione corrente:
Tre ferite laceranti colpirono gli uomini dove non sarebbero mai stati feriti se fossero stati in zona aperta.

Questa una traduzione più attenta, dove si comprende che gli uomini erano feriti dall’esplosione degli alberi colpiti dalle cannonate:
L’esplosione di alberi feriva gli uomini dove non sarebbero mai stati feriti in aperta campagna.

Cantwell ricorda la battaglia di Gettysburg, combattuta durante la guerra di secessione americana:
They killed several men from the Academy at Gettysburg.

La traduzione corrente:
Hanno ucciso parecchi che uscivano dall’Accademia di Gettysburg.

Una traduzione che tiene conto della Storia:
A Gettysburg hanno ammazzato parecchi uomini che venivano dall’Accademia.

Anche il capolavoro di Hemingway, The Old Man and the Sea, il libro che l’ha portato al Premio Pulitzer e al Nobel, è stato rovinato. L’originale del lungo racconto è costruito in assoluta semplicità lessicale, con personaggi umili e ambientazioni ridotte al minimo. Il ritmo è lento, dialoghi e monologhi sono brevi e poco articolati, espressi con la calma cadenza di chi ha tempo per pensare e parlare con le poche parole che conosce, usandole con naturale precisione. La versione corrente non rispecchia la semplicità dell’originale, e talvolta usa impropriamente parole rare o ricercate, con una stringatezza in contrasto con le intenzioni dell’autore e il carattere dei personaggi, tanto che contro la normalità il testo italiano risulta talora più breve di quello inglese. E poi continua la seminagione di errori, anche grotteschi.
Tre esempi.

Si descrivono le pareti della baracca di Santiago, il pescatore:
…there was a picture in colour of the Sacred Heart of Jesus and another of the Virgen of Cobre.

La traduzione corrente:
…vi era una fotografia a colori del Sacro Cuore di Gesù e un’altra della Vergine di Cobra.

Una traduzione che tiene conto dell’impossibilità di fotografare il Sacro Cuore di Gesù ed è informata che la patrona di Cuba, la Vergine del Cobre (rame, da una miniera presso il Santuario), non ha a che fare con serpenti:
…c’era una stampa a colori del Sacro Cuore di Gesù e un’altra della Vergine del Cobre.

Una frase tecnica, formulata con parole semplici:
Each line, as thick around as a big pencil, was looped on to a green-sapped stick so that any pull or touch on the bait would make the stick dip and each line had two forty-fathom coils which could be made fast to the other spare coils…

La traduzione corrente:
Ogni lenza, spessa come una grossa matita, era fissata a un bastoncino instabile in modo che ogni volta che l’esca veniva tirata o sfiorata il bastoncino cadeva, e per ogni lenza c’erano due duglie di quaranta tese che si potevano aggiungere ad altre duglie di riserva…

Nella traduzione si deve far capire cos’è un green-sapped stick, e usare parole semplici, ma esatte. I fathom non sono tese, e i coil non sono duglie:
Ogni sagola, della sezione d’una grossa matita, era annodata su un ramo verde asciutto in modo che ogni trazione o tocco sull’esca avrebbe fatto immergere il ramo, e consisteva in due rotoli da settantacinque metri che potevano essere giuntati agli altri rotoli di scorta…

Una riflessione di Santiago:
I have eaten the whole bonito. Tomorrow I will eat the dolphin. He called it dorado.

La traduzione corrente:
Io ho mangiato tutto il bonito. Domani mangerò il delfino. Lo chiamò dorado.

Nella traduzione si deve tener conto che dolphin(fish) non è un delfino, come è pure spiegato. Si tratta di un dorado, che nei nostri mari si chiama lampuga. Si può risolvere così, conservando il bel nome spagnolo:
Io ho mangiato tutto il bonito. Domani mangerò il dorado. Che gli americani chiamano dolphin.

Ora si sono materializzate nuove traduzioni. Chissà se da Mondadori qualcuno sarà disposto a riconoscere che alcune edizioni non possono più essere ristampate, ma devono essere riconsiderate, rifatte, magari impaginate con materiale nuovo. Potrebbe anche essere un affare, sicuramente un atto dovuto a Papa Hemingway.

1 commento:

amanda ha detto...

e allora restiamo in attesa