lunedì 31 dicembre 2012

in alba

mi appresto al buffo gioco dei denti
dove arraffa chi più strappa
avverto lo schiocco nella stretta
la scapola che cede sotto l’arca
lo sbriciolio del guscio che si spacca
dando spazio al sodo
e cede il braccio nella storta crolla il ponte
e affonda nave appena giunta
nello stretto
in alba c’è solo una promessa ed è
sopravvivenza incerta.

sabato 29 dicembre 2012

la speranza nascosta

Life is people. Ho scoperto questo disco per caso, segnalato su vari siti come uno dei più belli del 2012. Non ci sarebbe nulla di strano se non fosse che del suo autore, Bill Fay, per quanto abbia cercato, non si conoscono esattamente né l’età né le vicende biografiche. È un uomo di mezza età, di nazionalità inglese e in patria è considerato un piccolo mito. Ha tentato, senza troppo successo, la carriera come cantautore fra il 1968 e il 1971 e poi è sparito nel nulla per circa quarant’anni, diventando nel frattempo, con solo due album all’attivo, e particolarmente col secondo Time of the Last Persecution, un autore di culto accanto a colleghi di uguale potenza intimistica ma oggi ben più famosi come Nick Drake e John Martyn. Life is People è a tutti gli effetti il suo terzo disco, bellissimo, oscuro, pervaso di atmosfere lente, confidenziali e di un fervido misticismo, ma pronunciato tutto a bassa voce, fra le note lente e avvolgenti del suo piano. Un lavoro splendido, mai urlato, come credo siano tutte le opere di gente che ha vissuto (e sofferto) abbastanza a lungo da non avere più nulla da dimostrare.
Di tutte le canzoni del disco, però, il pezzo che personalmente preferisco, è Jesus etc., l’unica cover, dai Wilco. Nella versione di Fay, la canzone viene scarnificata rispetto alla ben più sinuosa versione del gruppo, rallentata nel tempo e ripulita nell’arrangiamento, cantata con l’accompagnamento del solo piano dalla sua voce profonda, solenne, che scava dentro le parole per tirarne fuori l’anima profonda, rivoltandola così da cima a fondo, un po’ come succede in molti degli ultimi pezzi di Johnny Cash, negli American Recordings.
Jesus etc. cantata da Bill Fay è la prova più clamorosa che tutto nella vita ha, e merita, una seconda occasione, perlomeno un diverso punto di vista, che ci dimostra come c’è sempre speranza, a volte è più evidente ed altre è nascosta lì, dietro l’angolo o in fondo all’armadio, nei ricordi, nella gente intorno. Ma c’è, è là, c’è sempre stata. Basta saper guardare.

claudio

giovedì 27 dicembre 2012

non illuderti cuore che un giorno...

Non illuderti cuore che un giorno
libertà alberghi in te o sana passione
amicizia o pietà verso gli altri
necessità di una famiglia. Ti basti
contemplare la bellezza spillata
al disincanto del mondo ghiacciata
nei suoi occhi di schiava e su tutto
l’odore del sesso è più forte.

nel labirinto


C’era un film che girava in tv quand’ero ragazzino, Labyrinth. Parla di Sarah, adolescente a cui il re dei Goblin (interpretato da David Bowie) rapisce il fratello. Per salvarlo, Sarah attraversa un labirinto pieno di trappole insidie e personaggi surreali, al termine del quale si ritrova adulta. È insomma la classica storia di formazione evidenziata, nello scontro finale col Goblin, dalle parole: “La mia volontà è forte come la tua e il mio regno altrettanto grande. Non hai alcun potere su di me!”
Natale, come Dickens insegna, evoca fantasmi. I nostri, oggi, sono lontani da qualsiasi intento edificatorio. Eppure, quanto sarebbe bello poter pronunciare le stesse parole di Sarah all’indirizzo di chi ci offre un labirinto da attraversare senza alcun premio alla fine né un percorso di crescita, quasi fosse una punizione per la nostra stessa povertà morale.
Se fate attenzione, fra i sintomi più evidenti della recessione vi sono i Compro Oro, spuntano come funghi. Parlando con chi ci lavora, gente abituata a scene di comune disperazione, viene fuori quanto la cosa più assurda sia l’incredulità di quelli toccati solo in parte dalla crisi, i quali pur riconoscendola non riescono lo stesso a immaginare la tavola di chi non sempre ha del pane.
Si dice che i poveri siano diventati più poveri e i ricchi più ricchi, ma ecco il fantasma peggiore: la vittoria del re dei Goblin che è riuscito a separarci dal nostro stesso fratello. A dispetto della sua storia di solidarietà, questo Paese è popolato da persone sole, diffidenti, non sempre pronte a sostenersi nelle difficoltà. Un paese spaventato, egoista e debole, la cui la rabbia che pure potrebbe fornirci l’energia necessaria a risollevarci, non attecchisce come dovrebbe.
Lo si è visto bene a Taranto: uno sciopero enorme, l’intera città bloccata, ma per cosa? Gli operai impotenti, la loro disperazione usata come merce di scambio per salvare i Riva dal disastro. I partiti, che intanto giocavano alle primarie, collusi con un potere cieco, strafottente e corrotto, che non possono o non vogliono negare. E noi?
In questo labirinto senza uscita, senza orizzonte, mi chiedo: avremo la forza di reagire, di ritrovare una dignità di diseredati per fare fronte comune? Oppure, se gli dei della terra sono indifferenti, chi ci offrirà soccorso quando pronunceremo la nostra preghiera di Natale? Guardo al cielo e mi chiedo: c’è vita su Marte?

Articolo uscito su Largo Belllavista n°65, dicembre 2012, nella rubrica Senilità. Nella foto Jack Nicholson osserva il labirinto dall’alto, in una scena di Shining, di Stanley Kubrick.

lunedì 24 dicembre 2012

cometa

Entroterra oltremare sarai
sempre oltre il limite
tu l’orizzonte
tu la linea immaginaria
che nasconde
tutto il resto del cielo.

Tu il giallo che illumini
il mio canto dallo scoglio.

sabato 22 dicembre 2012

storia di un canarino

Al lettore

Se leggi questi versi e se in profondo
senti che belli non sono, son veri,
ci trovi un canarino e TUTTO IL MONDO.


Nel 1951 Umberto Saba pubblica Quasi un racconto, l’ultima sua raccolta di poesie pubblicata in vita, che si appaia alla precedente Uccelli (1948), e raccoglie una selezione di versi scritti a partire dal 1948 e incentrati sul particolare rapporto di amicizia instaurato col canarino di casa.
Saba viveva in quegli anni un difficilissimo stato depressivo e tale amicizia riusciva, proprio per la sua particolare innocenza, a rincuorarlo da tanto dolore.

A un giovane comunista

Ho in casa – come vedi – un canarino.
Giallo screziato di verde. Sua madre
certo, o suo padre, nacque lucherino.

È un ibrido. E mi piace meglio in quanto
nostrano. Mi diverte la sua grazia,
mi diletta il suo canto.
Torno in sua cara compagnia, bambino.

Ma tu pensi: I poeti sono matti.
Guardi appena; lo trovi stupidino.
Ti piace più Togliatti.

È la poesia che apre la sezione Dieci poesie per un canarino, chiamato “Palla d’oro” ed è la più evidente, e ispirata, dimostrazione di un sentimento sincero e dolce, gioioso.
È stata Linuccia, la figlia di Saba, a convincerlo a pubblicare il libro, mettendo insieme una serie di poesie per certi versi private. Nel momento stesso in cui Saba si decide a pubblicare, però, la storia assume le tinte di un vero e proprio piccolo romanzo.

“Per una strana coincidenza, una coincidenza che fa pensare, il protagonista di “Quasi un racconto” – il canarino – fuggì, attraverso una griglia lasciata, e non da me, PER CASO, aperta. Fuggì, e non lo vidi più, tranne una volta che si posò, assieme ai passeri, ai quali s’era evidentemente riunito, sul davanzale della finestra, dove, nella speranza che vi rientrasse, avevo lasciata aperta e ben fornita di cibo, la gabbia. […] Un imbecille (che viceversa è un grand’uomo) scrisse, anzi telefonò, per “congratularsi” dell’accaduto. Secondo quell’euforico, il canarino s’era involato giusto quando, avendo esaurito il suo compito, la sua presenza era diventata inutile. Tutto insomma si sarebbe svolto come in una favola… Ma io non pensavo a me, e alle mie-sue poesie: pensavo a lui, alla sua probabile lenta agonia. Prova ne sia che il mio primo impulso, quando non lo vidi più, e vidi invece la griglia aperta alla sua sventura, fu quello di buttarmi dalla finestra.”

È una nota che Saba avrebbe voluto pubblicare in appendice al volume del 1951 e che poi non fu inserita, si dice, per questioni di tempi tipografici. L’imbecille, come lo definisce Saba, era in realtà Carlo Levi, suo vecchio amico, che dette il suo consenso alla pubblicazione della nota “un po’ a denti stretti”, e solo dopo l’accorato intervento di Linuccia che cercò di riappacificare gli animi fra i due. Alla fine, comunque, non se ne fece nulla.


La nota ha, per certi versi, un carattere semiserio, e d’altra parte rivela il profondo senso di angoscia vissuto in quegli anni da Saba (l’accenno a buttarsi giù dalla finestra è rivelatore in tal senso). Ma Saba era anche realmente preoccupato per il canarino, che avendo vissuto sempre in cattività non era in grado di procurarsi il cibo da solo.
La storia ha un epilogo triste quanto tragicomico, così come viene raccontato da Herbert L. Jacobson, allora direttore di Radio Trieste:

“Quando fuggì, Umberto Saba telefonò alla nostra sede per sapere se era possibile lanciare un appello via radio, per la ricerca del volatile. Poiché quel canarino rappresentava un simbolo letterario, e quasi un personaggio nazionale, ero ben disposto ad accontentarlo. Ma i miei colleghi, soprattutto i burocratici e i tecnici, mi dissuasero: per regolamento, la radio rifiutava appelli quasi quotidiani alla ricerca di piccoli animali perduti. Fatta un’eccezione per Saba, non avrebbero potuto rifiutare gli altri. Fu raggiunto un accordo: nessun appello radiofonico, però, data la mia posizione ufficiale nel Governo Alleato, avrei mobilitato alla ricerca del canarino polizia e vigili del fuoco. Lo feci, invano.”

Il canarino non verrà mai ritrovato e Saba morirà pochi anni dopo, nel 1957, lasciando una manciata di poesie piene di fatalistica rassegnazione sulla solitudine della vecchiaia e la morte imminente, pubblicate due anni dopo sotto il titolo di Epigrafe.

[…] Fanciullo,
od altro sii tu che mi ascolti, in pena
viva o in letizia (e più se in pena) apprendi
da chi ha molto sofferto, molto errato,
che ancora esiste la Grazia, e che il mondo
– TUTTO IL MONDO – ha bisogno d’amicizia.

(Nelle immagini opere di Juan Mirò. Per approfondire il complesso rapporto esistente fra Saba, Linuccia e Carlo Levi, si legga lo studio, a cura di Silvana Ghiazza, “Carlo Levi e Umberto Saba: storia di un’amicizia”, ed. Dedalo).

venerdì 21 dicembre 2012

la famiglia è una trappola...

La famiglia è una trappola
con denti sottili di plastica
affondano
per arrivare all’osso
e renderlo
compatto nella morsa.

giovedì 20 dicembre 2012

non scalfirai i miei sogni...

Non scalfirai i miei sogni
neppure quando dici:

“Non vedi più bellezza nelle cose
e scrivi versi solo per nasconderlo:
i tuoi versi bastardi e sensibili
che ami più delle stesse cose.”

Nei miei sogni cavalli di vetro
si muovono per città fatte d’aria
e di foglie
dietro i palazzi universitari
si celebra
l’incerto egoismo della tua giovinezza.

Io sono libero come vedi
tu non puoi toccarmi.

mercoledì 19 dicembre 2012

noir

Mai uno spavento mi presi
più forte di quello provato
al crollo del fiore dal vaso.
Il suo grido lento compresso
nella scia viola
graffiava dell’occhio la coda.

Era tutto insensato persino
la pioggia di fuori il lamento
che appena accennato
sembrava di lontano un canto.

E sarei per te il cardellino
dicevi
sarei la chiusura del cerchio
tu la mia gabbia dorata.

martedì 18 dicembre 2012

autoritratto in via della sacca


Immagina com’era questa strada
al tempo prima dei lampioni
i sassi riflettevano la luna meridiana
infilatasi fra i muri
incagliatasi sul fondo della città.
Non è cambiato nulla da quel giorno
la stessa pace senza l’obbligo di un dazio
senza il chiasso famigliare soffocante
il suo buco agghindato accogliente
in Via della Sacca dove sei stato felice
per quanto i piedi
si consumassero nervosi nella corsa
dei tuoi giorni ormai contati.

domenica 16 dicembre 2012

anguilla che mi bagni...

Anguilla che mi bagni
d’acqua dolce e salata,

della mia assenza ti lagni
Anguilla innamorata.

Mi trattengo per pudore
dal regalarti il cuore,

tu sorella nello scarto
nello starmi sempre appresso.

Vivere con te e senza te
questo è promesso.

sabato 15 dicembre 2012

licia e il bianco

non c'è scampo...

Non c’è scampo
quando dice che tu muori
il gelo ti acchiappa
per i piedi e il cielo grigio
si annida fra i capelli
come cenere. L’autista
ti porge il conto
per il viaggio e in genere
si resta a bocca secca.

tu non conosci il potere di una rima

Né mai saprai del bene che ti porto
il conto dei giorni negati
alla pienezza di un rapporto
che io so e tu sospetti amore.
Inutile mostrarti ancora
il punto debole del cuore
nient’altro che il tuo specchio.
I nidi vuoti sul bordo
della strada riempivano i miei occhi di rimorso.

venerdì 14 dicembre 2012

selezionato!

Miei cari amici, vi comunico che ho passato la prima selezione del concorso Leica Talent. Adesso comincia la seconda prova, vediamo che succederà. Intanto grazie per il vostro tifo, che mi è sempre caro. Lillus.

giovedì 13 dicembre 2012

domani cannibale e fuggiasco...

domani cannibale e fuggiasco
domani asceta oppure a dieta

domani eldorado sa d’aprile
non ce l’ha una storia incerta

domani ti coglierà un inverno mite
prima di domani è già notte

lunedì 10 dicembre 2012

il limone

Con cura mio padre attende al suo limone
lo ripara con un telo dal maestrale dalla tramontana
lo fortifica in vista dell’inverno e taglia via
i rami d’intralcio accarezza i frutti più maturi
con l’orgoglio di chi recuperasse da quelli
ogni anno di vita perduto trascurando la famiglia
per inseguire inutilmente i suoi sogni.

chi potrebbe credere a quello che una voce innocente può fare?

il peso di una musa...

Il peso di una musa è costante
spesso nemmeno gratificante.
Anche quando si rilegge si chiede:
Ah, ma dunque ero io?

macello (2)

sabato 8 dicembre 2012

guarda che non sono io



È da alcuni giorni che ascolto spesso, a ripetizione, Sulla Strada di De Gregori. L’ho ascoltato più volte per esserne convinto e alla fine il mio giudizio, personalissimo e opinabile, è questo: è carino, come tutti i suoi album, ma proprio come tutti i suoi album mi dà sempre l'impressione che da Miramare in poi De Gregori non sia più riuscito a fare un disco (pure imperfetto) in cui una volta entrato non vuoi più uscirne. Dopo sono stati bei dischi, che raccoglievano grandi canzoni, alcune volte grandissime. Ma la magia è finita. Ovviamente De Gregori, com'è giusto, mi ha già risposto ieri: Guarda che non sono io. E in effetti è proprio così.

autoritratto

mercoledì 5 dicembre 2012

da domani ci stanno le ore...

                                                                               A Claudio Catalano
 
Da domani ci stanno le Ore a dar significato al tempo/mondo.
Unico punto fermo è l’esistenza del CORPO.

Esistono corpi senza ragione ma esistono. Sono corpi umani
che nel mare del nulla si ostinano ad essere: assurdo!

Da domani si muovono verso quel punto (che) da domani
possono anche/non sempre/comprendere.

martedì 4 dicembre 2012

semantica della crisi


Renato Pozzetto, testimonial storico di un noto Panettone, quest'anno pubblicizza Oro Cash, con uno spot in cui si vende l'orolologio regalatogli dal figlio.
Messaggio: il Natale quando arriva poi se va.

domenica 2 dicembre 2012

catullo, carme 43

Salve, ragazza che non hai naso piccino
né piede grazioso né occhi neri
né dita lunghe né alito fresco
né lingua sensata ed elegante
e amica di quel fallito di Formia.
E in provincia si dice che sei bella?
E a te la mia Lesbia si compara?
O tempi sciocchi e volgari!

per anguilla

Nel silenzio del mio bagno nel labirinto
delle mie stanze
dove il sole arriva ultimo al tramonto
mi aggiro cercando la tua impronta
la traccia del possibile passaggio
la tua scarpa bassa dimenticata
in un angolo o il sorriso impresso
indelebile nell’acqua.

Potrei affondare per miglia nella vasca
e lavarmi mille volte il corpo
e mai perdere l’ombra di te piccola
nascosta nella curva delle dita

confidare nel Poeta e credere
al potere del tuo fiuto che tu sappia
indirizzare la vita e mai perderci.
Se non fosse che sfuggirmi è la regola
l’unico tuo modo di amare

e questa casa senza te non ha eco.

sabato 1 dicembre 2012

la vita è furto

ruba sentimento
e lo trasforma
in
sopportazione necessaria.

Invidio Goya
Beethoven

questo caos mi assorda

le grida senza tregua
di chi soffre

sottrae
attenzione al tempo

chiede abbracci
o (se li neghi)
offre
nuove lacrime
al ricatto.

Afferro
le parole come posso
me le stringo al petto
le difendo.