martedì 26 febbraio 2013

il partito degli astensionisti

Negli ultimi due giorni il 25% degli italiani ha detto No alle elezioni. E più di un milione di persone sono andate a votare per "dovere" ma poi hanno consegnato scheda bianca o nulla. Inoltre molti di quelli che hanno votato hanno dato preferenza a un non-partito come quello di Grillo. Ovviamente in molti hanno tralasciato questi "particolari", per il semplice motivo che ai più interessa solo chi vince. E come pezza si è detto che c'era maltempo. Ma le votazioni di ieri hanno detto in pratica che non solo l'Italia è ingovernabile da chi c'è, ma che per molti si è già passata del tutto la soglia di tolleranza. Forse non ve ne rendete conto ma là fuori ci sono 16.000.000 (SEDICI MILIONI) di persone che non riconoscono più l'autorità né di questo stato (rappresentato dal suo governo), né delle sue regole. Magari non tutti quanti, magari sono solo la metà, 8 milioni, ma sono già troppi. Se adesso si sbaglia ancora il numero crescerà di parecchio. E guardate che 8.000.000 di persone non sono pecore che "non volevi votare e adesso ti tieni chi ha vinto". 8.000.000 di persone quando si incazzano e non ti riconoscono autorità, sono futuri disordini sociali. Vedi la Grecia, visto che ogni tanto se ne parla.

domenica 24 febbraio 2013

finalmente un amore alla pari...

Finalmente un amore alla pari
un amore in cui scorri
in ogni mio dito in ogni filo di barba
e sei libera
mi liberi nel tuo abbraccio.
La tua mano spalanca il mio cuore
e lo chiude nella mia quando la stringi.

sabato 23 febbraio 2013

resa

Se vero fosse poi
l’io vago dei poeti
sarei per te il fermaglio
da tenere sull’orecchio
per cantarti a bassavoce
di un amore senza tempo
se vero fosse poi
senza più tempo
il posacenere a bruciare
ogni ricordo
potremmo pure fingere
che nulla accade mai
senza volerlo
un bacio od un abbraccio
inesistente
solo che mi guardi
od un addio senza rimpianti
la mia resa a quella frase
che sempre ripeti
ogni mattina
che fatica è crescere
senza risvolti.

cane al guinzaglio

frammento di antonio d'onghia per un testo critico su di me

Lillo, molto semplicemente, scrive poesie d’amore. Poesie che, attraverso l’amore, cercano di capire cos’è la vita. Il problema è che cercando di capire fino in fondo la vita, spesso si arriva alla morte e nel frattempo si perde anche l’amore. Si finisce così per scrivere dell’amore perduto, perché la felicità per Lillo non è mai qualcosa di proteso in avanti, ma sempre indietro. Qualcosa che si è perso per sempre ma che a un certo punto si è afferrato. La poesia di Lillo parla di quel punto.

venerdì 22 febbraio 2013

il paradiso perduto


Il cancro del tempo ci divora, scriveva Henry Miller nell’incipit di Tropico del Cancro. Dobbiamo metterci al passo, passo serrato con la morte. È una verità così evidente, e allo stesso tempo scomoda, che parlarne troppo diventa indice di cattivo gusto. Siamo condannati, aggiunge Miller citando Rimbaud, non cambierà stagione.
Quello della fine del tempo è un concetto a cui ci hanno ben abituato i poeti da quando, con l’Illuminismo, la poesia ha cominciato a rifiutare come illusoria l’idea di Paradiso e a viverla come un’ambizione impossibile, frustrante. Tutto ciò a cui possiamo aspirare, dicono, è un lungo ed estenuante Purgatorio, in cui le poche gioie sono da spremere al contagocce dalle semplici cose intorno a noi, che con grazia francescana abbiamo il dovere di ricominciare a osservare, proprio nel secolo in cui guardare e basta è un’operazione talmente svalutata da non servire più a nulla.
Da sempre gli artisti, e in particolare i poeti, si sono assegnati il compito di salvare gli attimi vissuti e rilanciarli in avanti. Proprio per la difficoltà di tale compito spesso le loro opere richiedono ai lettori impegno e disciplina, ed ecco perché in una società sempre più pigra e al contempo rapida com’è la nostra, hanno perduto ascoltatori e fiducia. Perché fermarsi ad ascoltare un messaggio di pessimismo senza ambizioni?
Eppure già fare poesia è un’ambizione. E contro ogni pessimismo, o forse proprio per quello, fra le poche e spudorate gioie riservate dai poeti c’è la vendetta. Nessuno sa usare le parole per ferire meglio di un poeta. Una feroce vitalità che irrora l’animo, sia quando a essere insultato è l’amante di turno sia quando lo è il sistema che ci comprende tutti per quello che siamo, dei precari del tempo.
In questo il poeta, primo fra gli inetti, non fa sconti per nessuno. Dante ne condanna parecchi all’Inferno che, nell’immaginario comune, resiste ancora bene. E Montale scatena su di loro Clizia, mai più angelo né diavolo, perché ne faccia piazza pulita di fronte alla storia. Pene terribili insomma, per chi non può rispondere o non vuole. Ed è il silenzio di chi magari non ha nulla di particolarmente originale da dire, ma non fiata nemmeno per ricordarci d’essere, pur brevemente, stato: il peggiore degli sprechi.
Fatevi sentire, anche solo per riconfermare il vostro no. Perché, come rispondeva Brodskij all’anonimo giudice che gli chiedeva, per sminuirlo, chi mai lo avesse arruolato nei ranghi dei poeti: “Nessuno. Chi mi ha arruolato nei ranghi del genere umano?”

Articolo uscito su Largo Belllavista n°67, febbraio 2013, nella rubrica Senilità. Foto, di Anders Petersen.

mercoledì 20 febbraio 2013

mi faccio i fatti miei

Mi faccio i fatti miei prendo un bicchiere
infilo le cuffie – Miles latte e miele –
la tromba del giudizio e più non sento
il biascicare violento contro il muro
le unghie nella carne dei tappeti
il sangue che batte nelle tempie di
Pistorius quando punta la pistola
oltre la porta e affonda senza più
misericordia quattro colpi
nel corpo senz’amore di una donna
angelo lui vendicatore e puro
– come in un film di Tarantino –
perduto nella storia o nell’errore
di dar la caccia al Santo Padre fuggitivo.

cos'è uno scandalo

Giuro che è più forte di me. Più vado e più Giannino mi sta simpatico. Mi stava simpatico anche prima, ma ora di più. Sarà che ho un debole per chi ci prova e perde. Sarà che, truffatore quanto volete, a me personalmente non mi ha mai rubato nulla né ha mai provato a restituirmi nulla. Sarà che io la mia laurea non sono nemmeno mai andato a ritirarla e il posto più intelligente in cui ne ho vista una è sulla tazza del cesso di una mia amica a Roma (figurati dove, per me, ti puoi infilare un master). Però Giannino mi sta simpatico. Certo, è vero, qui si parla di trasparenza. Ma quando diciamo trasparenza in politica di che stiamo parlando? Del fatto che sei più o meno bravo a nascondere la tua cacca agli elettori.
Errare è umano, ma se ci pensate, ad oggi la carriera politica di Oscar Giannino, sgamato dalla stampa e il procinto di dimettersi perché travolto dallo scandalo di una dichiarazione in cui diceva di aver frequentato un finto master (in sostanza una fesseria), è la più europea di tutti, cioè quella più in linea con quanto succede normalmente in Europa. Ovviamente qui siamo in Italia, dove vanno avanti quelli che, di fronte a scandali veri e ben più gravi, con la loro faccia tosta vanno avanti come se nulla fosse. E noi li votiamo proprio per quella faccia tosta e tutta italiana che tanto ci piace.

promesse mancate

Alte finestre nei palazzi
per nuotate liberi noi e i pesci.

ma il cielo è sempre più blu uh uh, uh uh!

lunedì 18 febbraio 2013

l'amore è una maschera oscena...

L’amore è una maschera oscena che fa le boccacce dai sogni.
Quando ce l’hai ti manca. Quando non ce l’hai ti manca uguale.
In ogni caso è un’assenza più che una presenza ed ha sempre un peso.
L’amore gira intorno alle cose. Ma se le centra qualcosa non torna.
Il vaso colmo si rovescia e l’acqua bagnerà il tappeto.

domenica 17 febbraio 2013

luoghi comuni

Attento! I Comunisti si annidano nelle cantine come topi, aspettando solo di invaderti casa, è l’Italia. Li riconosci perché si fanno le canne, dicono un sacco di fregnacce, ma non sanno fare i soldi per cui rovinano l’economia del paese. Tu vota sempre a Destra e vai sicuro, questa Destra generica che migliora l’economia del paese, lo hai visto all’Aquila quanto sono bravi. Loro sanno fare i soldi e ce l’hanno sempre duro. Per questo si inchiappettano tua figlia, meglio ancora quando è minorenne. Tanto, per lei, è come se lo facesse con lo zio. Tu dalla in cambio di favori, è la regola, è la furbata!
Puoi farlo, i figli sono tuoi, mangiano il tuo pane senza darti nulla in cambio, già sognano di metterti in un ospizio per fregarti la casa! Se i minorenni sono maschi non importa, se li inchiappetteranno i Cattolici, tanto sono tutti pedofili, ancora di più se sono Preti. Avrai un posto d’onore in Paradiso. Se invece sono Atei allora stai attento, non hanno più fede né speranze, non li puoi fregare con le chiacchiere, si accorgeranno di non avere più lavoro né giustizia, nessuno scopo nella vita, diventeranno matti, delle mine vaganti, perché non hanno più niente da fare, così metteranno bombe nelle scuole, andranno in giro sparando alla gente, e tu dovrai risarcire i danni per tutti.
Quanto rumore per nulla. Le scuole non servono a nulla, si sa, e se muore un ragazzo allora è solo uno di meno che vuole portarvi via il lavoro. Non preoccuparti, resisti, stringi i denti, ci stanno già pensando loro che tagliano i fondi alla Scuola. La vita è fatta di conti da pagare, ma i letterati non servono a nessuno. Leggere non serve, e neppure ti piace. E non sarebbe più bello se si tornasse tutti quanti a firmare con la X come in passato, ci hai mai pensato? Almeno quando le Banche ti rubano la casa con un mutuo nemmeno lo capisci, soffri di meno.
Tanto la colpa è sempre dei Politici, stanno lì apposta per prendersi i colpi in faccia e nel fianco, come scacciapensieri, e tu li risarcisci bene. Presto anche tu non avrai più una casa, le tasse ti soffocheranno, le banche ti porteranno via tutto, l’Europa ti chiederà un nuovo sacrificio, la Lega ti dirà che te lo meriti perché sei nato diverso.
Ricorda che sei solo. I tuoi figli presto se ne andranno a morire lontano, dicendo che è colpa tua, che ti odiano, che non hai mai capito niente di come va il mondo. Sei nato solo, morirai solo, per strada, pregando che a tua moglie non venga un qualche ictus che la lasci a letto per anni dilapidando i tuoi risparmi, e intanto, mentre eri impegnato a crescere i tuoi figli egoisti e irriconoscenti, hanno tagliato anche gli Ospedali, e tu non potrai permetterti una clinica privata.
Saluterai i ragazzi all’aeroporto quando andranno via schifati, giudicando il paese che hanno appena lasciato come arretrato e corrotto, e tu sei compreso nel prezzo. Penserai che sono carne della tua carne, sangue del tuo sangue, e sono corrotti come te, porteranno la tua corruzione dove andranno, rovineranno anche quel posto, perché non c’è speranza per chi è malato dentro, ma starai zitto per non ferirli, perché in fondo sei orgoglioso di loro che vanno via, a fare gi immigrati all’estero. Li vedrai andare e anche tu comincerai a parlare male del tuo paese, come fanno loro, come hai sempre fatto, senza mai cercare di dare una mano.
Morirai lavorando, nell’attesa di un po’ di pace, morirai ringraziando per la tua morte, che nessuno può toglierti, aspettando una Pensione che non arriverà mai, perché nel frattempo ti hanno tolto anche quella. L’Europa te lo chiede. Te lo chiede l’operaio tedesco tuo fratello ma non tuo uguale che ora si scopa tua figlia al posto del politico che non ti ha mai dato niente, a parte le sue promesse vuote. Tu non pensarci, non ora, non ti avvelenare la vita per qualcosa che non puoi cambiare. Domenica sarà un giorno come un altro. Andrai a votare e lunedì poi si ricomincia. Tu pensa a guardarti Sanremo, a divertirti ora, come puoi. Il Futuro non ti riguarda.

 
(Da leggere ascoltando il brano qui sopra. Ringrazio Sergio Pasquandrea che lo ha pubblicato sul suo blog. Io l'ho ascoltato, e mentre ascoltavo scrivevo.)

venerdì 15 febbraio 2013

pensieri sul delitto pistorius


Ci sono persone la cui vita è talmente pregna di simboli da renderla quasi non vera, una prova continua, una favola piena di significati, persino per loro stessi, al tal punto da venirne ingannati e da credersi costretti a dover dimostrare ogni giorno qualcosa, confrontarsi ogni giorno con la propria invincibilità fino al punto di venirne schiacciati e tramutare inevitabilmente la vita in tragedia. È il caso eclatante di Pistorius, l’uomo che, senza gambe, riusciva a correre più veloce della maggior parte dei comuni mortali, fino a pretendere di confrontarsi coi normodotati e vincere persino su di loro.
Ieri Pistorius, definito dalla stampa, in virtù del suo mito, uno dei cento uomini più influenti del pianeta, ha ucciso la fidanzata con quattro colpi di pistola. Forse non tutti ci hanno pensato, ma il fatto che l’omicidio Pistorius abbia avuto luogo e piena risonanza mediatica proprio il giorno di San Valentino, ha qualcosa di tragico e insieme di fondamentale, di (ancora) maledettamente simbolico.
Si è quasi certi ormai che Pistorius abbia ucciso la fidanzata per gelosia, con premeditazione. Negli ultimi anni in molti si sono commossi alle imprese di quest’uomo che, pur con una grave disabilità, ha conquistato grazie alla sua forza di volontà, le più alte vette dello sport e della fama, rivendicando così un principio di uguaglianza spesso buono solo sulla carta. Il fatto è che nemmeno in quel momento gli si è attribuito il giusto valore: nessuno vedeva in lui finalmente l’uguale, o il campione, ma tutti, con sguardo deformato dalla sua diversità, l’eroe, di matrice più hollywoodiana che olimpica.


Ieri, constatare che da tali eroiche vette Pistorius sia ridisceso sulla terra per un delitto così atroce e stupido, dettato dalla gelosia, dalle proprie insicurezze di uomo, ci ha sconvolto. Eppure Pistorius, i cui precedenti confermano che per ottenere tali risultati è necessaria anche una buona dose di aggressività, non era diverso proprio da nessuno, non lo è mai stato. Ed è questo il punto, la lezione da imparare, l’errore di considerarlo “altro”, un simbolo estraneo al nostro universo.
L’omicidio di San Valentino (tragicamente rilevante anche perché giornata contro la violenza sulle donne) ce lo ha mostrato per quello che è: in fondo al cuore un uomo piccolo come tanti, certo velocissimo, ma incapace di sfuggire ai propri istinti e alle proprie paure. E proprio perché divenuto, in parte per bisogno in parte suo malgrado, un simbolo, adesso siamo certi che la punizione per tale delitto sarà ancora più severa che per altri.
Ognuno ha il suo destino da vivere fino in fondo, e agli eroi non è concesso solo sbattere il muso e ricominciare. Gli eroi devono cadere e distruggersi affinché la loro storia abbia un senso. Di Pistorius abbiamo visto l’apice, ieri il principio della fine e oggi le lacrime. Ma l’affondo nel fango e nel dolore è ancora molto distante, ancora costellato di umiliazioni. Agli eroi non è concesso di sbagliare, di mostrare la propria umanità, gli uomini non li perdoneranno.

per una bibliotecaria, il 13 febbraio

L’amore mi ha punito
iniettandomi in pancia un nodo duro
d’invidia – grosso quanto una noce –
per chi t’ama
straordinaria ragazza che mi guidi
fra corridoi e scaffali verso i bagni
per sederci infine a una finestra
a mangiare cioccolato. Fuori
in un grande prato verde
sta un albero isolato
ignaro del tempo del destino
suo di re senza un abbraccio.
Eccoci lì noi due – io re
e tu mio prato non arato – domani
la vita ci ritrova sempre uguali
non cambia. Ma oggi ti canto
del nostro anticipato
San Valentino. – Mi sciolgo d’amore
nell’ultimo bacio negato
all’orecchio lucido puntato come radar
delle tue colleghe ficcanaso.
Mi sciolgo d’amore per te
punito perché il solo toccarti
mi altera il corpo mi uccide
se mia non posso dirti. Oppure
Dio chissà vuole purgarmi.

mercoledì 13 febbraio 2013

di taglio e cucito

Di Vittorio Sereni quest’anno ricorre il centenario della nascita. Ero in dubbio se fare un post o meno sulla ricorrenza, anche perché Sereni di me non ha proprio bisogno. La sua fondamentale seppur discreta presenza nel panorama poetico italiano è certa, e il suo libro più bello, Gli strumenti Umani, oltre a essere opera perfetta e ancora stimolante, modernissima, è stato talmente rivoluzionario da potersi considerare chiave di volta di tutta la poesia del secondo ‘900 (ma anche il secondo Montale, quello di Satura, sarebbe impossibile senza Sereni). Nonostante questo Sereni è poco conosciuto, forse perché il suo verso, per quanto apparentemente facile, non sempre lo è davvero; o forse perché il suo personaggio è meno istrionico di altri.
Così, senza voler troppo aggiungere (alimentando chiacchiere inutili su chi non ne voleva affatto), ho pensato che almeno un paio di poesie sue dovevo pubblicarle. Magari poesie un pizzico meno famose di altre che potete tranquillamente trovare in giro. Ho scelto così tre poesie “casalinghe” dal suo ultimo e quarto libro, Stella Variabile, a cui sono particolarmente legato perché regalatomi per un mio compleanno. La prima è tipicamente sereniana nel trascendere l’episodio comune (il trasferimento in una nuova casa) per una riflessione più ampia sulla morte da parte del poeta ormai anziano. La seconda è ancora più inquietante, il quadretto famigliare di un litigio con la nipotina che si trasforma in una visione sulla fatalità della storia nei campi di concentramento. La terza, dedicata alla vecchia moglie, è semplicemente commovente. Sono le poesie di un uomo che si avvia lentamente alla fine, ma con la forza di guardarsi ancora intorno con sguardo lucido e cuore aperto.
Stella Variabile è, per certi versi, un libro imperfetto, non tutte le poesie sono all’altezza del poeta Sereni, eppure tutte raccontano la storia dell’uomo Sereni, e in fondo anche questa è una rivoluzione della sua scrittura: il considerare ogni momento, ogni più modesto particolare, degno di essere vissuto e raccontato, per il semplice motivo di considerare la vita (di chiunque, persino in tanto nulla) il dono più prezioso di tutti.


QUEI TUOI PENSIERI DI CALAMITÀ 

e catastrofe
nella casa dove sei
venuto a stare, già
abitata
dall’idea di essere qui per morirci
venuto
– e questi che ti sorridono amici
questa volta sicuramente
stai morendo lo sanno e perciò
ti sorridono.


SARÀ LA NOIA

dei giorni lunghi e torridi
ma oggi la piccola
Laura è fastidiosa proprio.
Smettila – dico – se no...
con repressa ferocia
torcendole piano il braccino.
Non mi fai male non mi fai
male, mi sfida in cantilena
guardandomi da sotto in su
petulante ma già
in punta di lagrime,
non piango nemmeno vedi.

Vedo. Ma è l’angelo
nero dello sterminio
quello che adesso vedo
lucente nelle sue bardature
di morte
e a lui rivolto in estasi
il bambinetto ebreo
invitandolo al gioco
del massacro.


DI TAGLIO E CUCITO

                            Il giocattolo,
pecora o agnello che rappezzi
per ingiunzione della piccola,
di testa forte più di quanto non dica
il suo genere ovino
è in famiglia con te. Il tuo profilo
caparbio a ricucire il giocattolo
e quella testa forte: paziente
nell’impazienza – il tuo cipiglio
che pure non molla la presa
sulla mia vita che va per farfalle
e per baratri… Per ogni
graffio un rammendo, per ogni sbrego
una toppa.
                Quanto vale
il lavoro di una
rammendatrice, quanto
la tua vita?

l'orgoglio

L’orgoglio è un sentimento di merda
che sta dentro a gente di merda
come uno stronzo troppo duro.
Tirarlo fuori vi fa sanguinare il culo.

martedì 12 febbraio 2013

l'ultima spiaggia

Stanotte, sarà stato il whiskey, mi sono sognato una possibile mostra impossibile. Era ambientata su una spiaggia, qualcosa come una insenatura con gli scogli intorno che un po’ la isolasse. La zona della mostra era sorvegliata e ci si poteva accedere solo su invito. Su questo pezzo di spiaggia isolato e sorvegliato si teneva una festa. Per accedere alla festa era necessario indossare una maschera da scimmia. Infatti tutta la scenografia si ispirava al Pianeta delle Scimmie, solo che al posto della Statua della Libertà vi era un immenso riccio di mare, alto più di venti metri che occupava come un monolite la zona. L’happening consisteva nello stare lì ad aspettare il primo stronzo che sarebbe arrivato, sfidando o fregando la sorveglianza, senza una maschera. Il bello è che a sapere questo ero solo io, tutti gli altri invitati stavano lì a festeggiare con la maschera da scimmia e ad aspettare qualcosa che non sapevano, anche se di tanto in tanto, per lanciare degli indizi, dagli autoparlanti che trasmettevano musica si ripetevano, più volte, alcuni pezzi tipo Too Much Monkey Business di Chuck Berry, I’m waiting for the man dei Velvet Underground e Love me do dei Beatles. Titolo della mostra: L’ULTIMA SPIAGGIA.

un fuoco nella notte


To build a fire, preparare un fuoco, di Jack London, è uno dei racconti su cui lo scrittore americano si è più speso in vita, riscrivendolo in due diverse versioni, una più lineare del 1902 e una più sfaccettata, ambigua, del 1910.
In entrambe un cercatore d’oro si perde insieme al suo cane mentre attraversa la foresta boreale. È notte, inverno, e la temperatura è scesa 60 gradi sottozero. L’unica soluzione è accendere un fuoco per scaldarsi e tenersi sveglio, sperando che il suo bagliore possa fornire ad altri un segnale per raggiungerlo. L’uomo con grandi difficoltà accende il suo fuoco, poi per un errore lo spegne, allora cerca di uccidere il suo cane per avvolgersi nelle sue viscere, ma il cane fugge. L’uomo muore congelato.
Sembrerebbe uno spietato racconto di frontiera, se non fosse per un particolare – ben evidenziato da Davide Sapienza nella sua traduzione per le edizioni Mattioli 1885 – che può trasformare una bella storia in metafora dell’esistenza, e legato al potere della parola: “to build” scrive London nel titolo del racconto, ovvero, traducendo vocabolario alla mano: costruire, erigere, edificare, plasmare, assemblare, fabbricare, ma non certo accendere. È una differenza fondamentale. Di fronte a quel paesaggio oscuro e ostile, all’immensità gelata che lo circonda, l’uomo non accende semplicemente un fuoco, ma ancora di più lo erige, lo crea, gli dà forma per difendersi dal freddo, dal buio. Quel fuoco diviene l’ultimo baluardo della sua vita prima di essere divorato dalla foresta.
È, per certi versi, il rovesciamento del mito di Prometeo, che ruba il fuoco agli dei per restituirlo agli uomini ed elevarli dallo stato primordiale a quello moderno, che piega la natura al suo volere. Nella storia di London, per cui l’uomo non può trascendere dalla natura, il protagonista, per troppa sicurezza o distrazione spegne il fuoco che potrebbe salvarlo dalla notte e muore solo, abbandonato persino dal suo cane.
Vorrei cominciare così il nuovo anno, usando questo racconto quasi crudele come monito. Nel periodo più buio della nostra storia, in questa notte all’apparenza senza uscita, non abbassiamo la guardia confidando troppo in noi e in quel fuoco che potrebbe spegnersi in qualsiasi momento, o rivelarsi di paglia. Resistiamo alla tentazione del sonno e attendiamo alla nostra fiamma con cura. Teniamo gli occhi aperti!

Articolo uscito su Largo Belllavista n°66, gennaio 2013, nella rubrica Senilità. Nella foto, un’opera dell’artista Oscar Turco.

nella stanza degli specchi

lunedì 11 febbraio 2013

sta, con l’arroganza dei vacanzieri...

Sta, con l’arroganza dei vacanzieri,
dritto sul seggiolino, al sole,
conta inutilmente le ore
di un ti amo lanciato
fino al prossimo scoglio.

sabato 9 febbraio 2013

giovedì 7 febbraio 2013

musica discreta



“[…] Negli ultimi tre anni, mi sono interessato all’uso della musica come atmosfera, e sono giunto a credere che sia possibile produrre materiale che possa essere usato in questo modo senza risultare in alcun modo compromesso. Per creare una distinzione tra i miei esperimenti in quest’area e i prodotti dei vari fornitori di musica riprodotta su supporti magnetici, ho iniziato a usare il termine Ambient Music.
Un ambiente è definito come un'atmosfera, o un’influenza che circonda: una tinta. La mia intenzione è di produrre pezzi originali apparentemente (ma non esclusivamente) per momenti e situazioni particolari, con l’idea di costruire un piccolo ma versatile catalogo di musica ambientale adatta ad un’ampia varietà di stati d’animo e di atmosfere. […]
La musica Ambient deve essere capace di andare incontro a numerosi livelli di attenzione nell’ascolto senza esaltarne uno in particolare; deve essere tanto ignorabile quanto è interessante.”

(Brian Eno, note di copertina di Music for Airports, 1978)

Discreet Music, del 1975, è il primo disco ambient a firma del solo Brian Eno e il mio preferito in assoluto, utilissimo soprattutto quando scrivo. Musica in cui l’elettronica espande i confini della musica senza risultare mai forzata.

martedì 5 febbraio 2013

lettera dall'acquario

Ciao, ti scrivo perché a volte credo che tutta la poesia del mondo non valga la tua assenza, che forse un uomo dovrebbe semplicemente arrendersi all'idea che il tempo ha comunque la meglio, e che l'unica cosa a contare sono i sentimenti più semplici, elementari: l'amore, l'amicizia, il bisogno di te. Certo, si spera sempre di farcela alla fine, e che un giorno qualcuno che mai mi ha conosciuto possa, leggendo ciò che scrivo, sentirmi fraterno e trarre conforto da me, dalla mia lontana esperienza. Ma quello è solo un sogno, una occasione di rivalsa sul giorno che passa e intanto, molto umanamente, tu mi manchi. Tu, non una forma retorica, una figura generica, ma tu e solo tu oltre lo schermo. Una semplice persona come tante, non più alta di altre, con tutti i tuoi sogni comuni, i tuoi dubbi comuni, gli imbarazzi, il tuo sorriso senza pari. Tu che qualche volta mi capisci o, per il semplice fatto di esserci, persino quando non ci sei, mi offri uno specchio, la tua piccola spalla. Tu. Tu. Ancora tu. Sei linfa anche tu. Te lo scrivo da qui, nell'acquario, dove puoi leggermi senza fuggire, e io posso (mi sembra quasi buffo) aprirti il mio cuore senza dovermi nascondere, poi, dietro uno scherzo, per il semplice fatto che nel mondo affollato del web, in cui chiunque ha diritto di essere un nome, una faccia, un destino speciale, noi due torniamo quel poco che basta, un semplice io e un semplice tu, semplicemente noi due, ma insieme.

poeti che come bambini...

Poeti che come bambini ve la menate per un verso
pronti al dispetto e all’offesa a parlar
d’integrità intellettuale
per scansare l’annoso dilemma
del conto in banca rosso
fate il favore prendetevi meno sul serio
nessuno bene che vada
v’imputerà mai la truffa
d’aver dato potere a un salario
di rendere gli uomini giusti e degni d’assurgere al Cielo.
Siate voi stessi a cuore aperto
povere voci nel deserto.

domenica 3 febbraio 2013

l'amore ha i tuoi seni...

L’amore ha i tuoi seni
non ho dubbi su questo
le stelle dei tuoi nei
rischiarano la notte
di lussuria e la dirigono
lì dove non ho colpe
nel volerti per il fatto
che l’amore è innocente
e migliora il mio sguardo
nel tuo di fotografa
lo mette un pochino più
a fuoco.