mercoledì 14 gennaio 2015

ho detto «speriamo»


[...] Il protagonista principale è Kaputt, questo mostro allegro e crudele. Nessuna parola, meglio della dura, e quasi misteriosa parola tedesca Kaputt, che letteralmente significa «rotto, finito, andato in pezzi, in malora» potrebbe dare il senso di ciò che noi siamo, di ciò che ormai è l'Europa: un mucchio di rottami. E sia ben chiaro che io preferisco questa Europa kaputt all’Europa d’ieri, a quella di venti, di trent’anni or sono. Preferisco che tutto sia da rifare, al dover tutto accettare come un’eredità immutabile.
Speriamo ora che i tempi nuovi siano nuovi realmente, e non siano avari di rispetto e di libertà agli scrittori: poiché la letteratura italiana ha bisogno di rispetto, non meno che di libertà. Ho detto «speriamo» non già perché io non creda nella libertà e nei suoi beneficii [...], ma perché conosco, ed è di pubblico dominio, quanto sia difficile in Italia, e in gran parte d’Europa, la condizione umana, e quanto pericolosa la condizione di scrittore.

Curzio Malaparte, Kaputt, 1944, ed. Adelphi

Nota mia. Quando Malaparte parla di rispetto a me viene da pensare che buona parte degli scrittori italiani del secondo '900, complice il nostro sistema educativo, sono passati, in patria, e con pochissime eccezioni, sotto silenzio, o comunque trattati come autori minori o di nicchia, rispetto al panorama europeo, e non sempre per demeriti loro quanto piuttosto per un nostro inguaribile senso di inferiorità.

1 commento:

marian. ha detto...

un senso di inferiorità che ci ha portato lentamente a smantellare la nostra straordinaria memoria storica, artistica, rurale.
Sempre a leccare il culo alle cose straniere per il senso di vergogna di essere ed espriemre quello che siamo. Una vergogna analgesica somministrata nei sistemi politici educativi e sociali.