mercoledì 29 aprile 2015

messaggio di speranza a chi scrive

Leggo le prime stupefacenti pagine della nuova edizione del Libro di Johnny di Beppe Fenoglio (Einaudi 2015), quelle all’epoca censurate da Livio Garzanti perché ritenute lente, e ne ho conforto. Magari è ingiusto. Fenoglio in vita soffrì come pochi per tanti rifiuti: praticamente ogni suo libro fu sottoposto a un attento processo di revisione editoriale o rifiutato con sufficienza, per poi essere, dopo la morte, osannato come capolavoro. Eppure penso, in maniera forse puerile, che se anche è vero – ed è vero – che l’80% di chi scrive può solo sognare di diventare uno scrittore, ma non lo sarà mai per mancanza di talento o di stile oppure della giusta disciplina, è anche vero che apprendere come La paga del sabato o La malora la prima versione di Primavera di bellezza non furono capiti o abbastanza apprezzati da gente come Vittorini, Garzanti o Citati, al punto che spesso Fenoglio, rassegnato, ricacciava per sempre i manoscritti in un cassetto, offre oggi, a chi scrive, un barlume di coraggio in più e la speranza che forse, per una volta, una sola volta, non è chi scrive a non andar bene per LORO, ma loro, invece, a non andar bene per il libro che, chi scrive, sta sognando.

martedì 28 aprile 2015

la mer(de)

Ultimamente le giornate di merda si sprecano, in maniera quasi letterale. Poco fa una vecchietta al volante di una 500 mi ha quasi messo sotto con la macchina (ovviamente, visto che intorno a casa mia non ci sono marciapiedi). Nemmeno mi ha visto, infatti ha tirato dritto come nulla fosse. Tentando di evitarla ho fatto il classico (anche se per me incosueto) scatto felino e con un balzo mi sono messo in salvo, atterrando però su uno stronzo di cane (ma grosso quanto quello di un cavallo) che si è letteralmente spalmato su ogni centimentro libero delle mie scarpe. A commento di tutto ciò, proprio in quel momento, è passato un ragazzino che faceva filone a scuola, e giustamente mi ha detto, testuali parole: "Ce cugghjone!" Ha proprio ragione lui, uno più furbo di me in giornate così, con un mondo così, se ne starebbe chiuso in casa.

lunedì 27 aprile 2015

paccottiglia

Ogni volta che entro in una libreria mi passa la voglia di scrivere. E mi vien quasi un senso di vergogna ad appartenere a quella razza che si annida lì e cospira contro il resto del mondo con le sue idee, ma a costo di quanta paccottiglia! Nego, rinnego, mi sento come estraniato. Persino quelle poche volte che mi è capitato mi chiedessero, riconoscendomi, se ero io l'autore della tal raccolta di versi, ho subito preso le distanze: Io no, è un altro che scrive. Io sono vittima, come te, delle parole degli altri.

giovedì 23 aprile 2015

#ioleggoperché foto ricordo






mamma mia

Ultimamente, forse perché sto ascoltando molto Gaber, mi è nato un nuovo intercalare che tendo a proferire ogni volta che mi ritrovo davanti a una banalità imbarazzante o a una stupidaggine. L’intercalare è “Mamma mia!” allungato molto sulle a. Sarebbe più o meno “Maaammaamiaaa!” altrettanto stupido e imbarazzato, nella resa, dei fatti che lo hanno ispirato. Ispirato dal mondo, infatti, lo dico così tanto ultimamente che ieri mia madre, mentre leggevo le notizie del giorno, a un certo punto sbotta scocciata: “Ma che c’è? Ma che vuoi? Ma perché stai sempre a chiamarmi senza motivo?” La colpa è tutta dei giornali.

gratitudine

Mi sono fissato in un uccello sul filo
lui alto e muto sul filo
e io qui sotto sprofondato in basso
annegato che fissavo lui in tutto quel cielo
senza fine. L’uccello era rossastro
di dolore gli occhi anch’essi rossi
e senza pianto. Ma io quaggiù mi confondevo
coi corpi dei miei gatti smossi
dalla fame insoddisfatta di lui
che tutt’intorno ai miei piedi li agitava.
Io non gli ero grato.

mercoledì 22 aprile 2015

us and them

Oggi ho visto un video di Alessandro Di Battista che in Aula ha pesantemente attaccato Renzi per la cattiva gestione della questione migranti che tante morti sta causando in queste ore. Di Battista, per quel che mi riguarda, ha ragione su tutta la linea, tranne in una cosa: quel “noi contro voi” che ritorna sempre nel suo discorso, quel “noi che siamo giusti contro voi che siete sbagliati” che dimostra come alla fine anche Di Battista, da buon italiano, non ha capito nulla dei problemi dell’Italia. Che non sono legati all’immigrazione, alla corruzione, all’ignoranza, alla crisi, o a come cazzo la volete chiamare, no, quelle sono tutte conseguenze di quel “noi giusti contro voi sbagliati”, quell’arroganza di chi sta sempre un gradino più in alto degli altri, immacolato, e sputa giudizi dall’alto della sua purezza.
Non credo in Dio, ma sono cresciuto in una cultura cattolica i cui elementi fondamentali sono la pietà e la colpa. Nessuno è nato senza colpa, per cui tutti meritano pietà. Credo nella pietà e credo, fortemente, per cultura, in alcune cose che diceva il buon Gesù, una delle quali trovo sia fondamentale: “Chi è senza peccato scagli la prima pietra!” Che significa, applicato alla politica, che i problemi di un popolo li risolvi davvero solo quando cominci ad ammettere che non ci sono colpevoli da mandare al rogo e puri che difendono la Legge, ma che la colpa è sempre collettiva, e se c’è qualcuno che ha sbagliato la colpa è anche tua che dormivi, o sapevi e non hai fatto nulla, o hai lasciato fare perché ti faceva comodo. Nello splendido Stato cattolico che siamo, invece, siamo pieni di campioni senza macchia e prontissimi a scagliare la prima pietra, i giusti per eccellenza autoelettisi a giustizieri della notte.
Così continuiamo a sguazzare nelle nostre battaglie incazzose per ammazzare il tempo, ci indigniamo tanto per tutto, ma senza mai risolvere niente. Ci perdiamo nelle chiacchiere in rete. Attacchiamo con foga e indifferentemente Nobraino, Razzi, Renzi, Xylella, poi ci commuoviamo per Morandi che non s’incazza come noi, non alza mai la voce, lui non litiga, discute, e ci stupiamo, ci complimentiamo per la classe. Un vero alieno. Ci diciamo: “Cazzo quel Morandi, pensare che l’ho paraculato fino a ieri. Invece c’ha le palle lui. Proprio come me, che passo le mie giornate a grattarmele le palle, nell’attesa di qualcun altro da lapidare.”

martedì 21 aprile 2015

#‎ioleggoperché‬

#‎ioleggoperché‬ me lo ha insegnato mio padre, ferroviere con la quinta elementare che pensava che chi legge avrebbe governato il mondo, lo avrebbe reso un posto migliore. Leggi, mi diceva, dai il tuo contributo. La storia, purtroppo, ha dato torto a mio padre. Chi legge libri oggi è vilipeso quasi fosse un Don Chisciotte, uno sciocco sognatore lanciato a spaccarsi la testa contro i mulini a vento. A governare il mondo, il nostro mondo almeno, c'è gente che se legge libri della lettura non ha capito niente o forse ha letto i libri sbagliati, e il mondo non è certo un posto migliore, anzi, fa abbastanza schifo, per parcondicio, a tutti. Se qualcuno ancora non si vergogna di dire che leggere fa bene, noi il 23 aprile alle 17.00 in piazza Vittorio a Locorotondo, facciamo una piccola manifestazione approfittando del battage pubblicitario di questo evento. L'idea è semplice: saliamo sulle cassette della frutta, visto che alla frutta siamo arrivati, e leggiamo, leggiamo più forte che possiamo. Tanto per ribadire che a noi, i mulini a vento, non ci hanno ancora fermato.

lunedì 20 aprile 2015

il prossimo

Il mio prossimo libro sarà una raccolta di poesie d'amore. 111 poesie d'amore, per la precisione. Persino il numero sembra portarmi fortuna. Di sicuro, pubblicandolo, le donne cadranno ai miei piedi struggendosi per me, i poeti mi cederanno le corone d'alloro per farci il sugo.

domenica 19 aprile 2015

poesia matrimoniale

Soprattutto primaverili
questi auguri
più che matrimoniali
perché al matrimonio
siete avvezzi
mentre nel tempo
le stagioni si alternano
in rigidi inverni, estati
afose, tristi autunni.
Io vi auguro una perenne
primavera. Che guarda
in avanti e non indietro
sempre dolce e solare
con tanto di fiori in sboccio
e qualche pioggia
per rinfrescare.


Scritta ieri, al volo, per il matrimonio di due amici.

martedì 14 aprile 2015

caro antonio

Questa poesia mi è stata scritta da uno degli allievi del mio corso di scrittura :)

CARO ANTONIO
ti sei comprato lo smartphone
vuoi raggiungere la Mondadori
invece facciamo la Rivoluzione
Martina, Alberobello, Locorotondo, Cisternino
mettiti alla guida del Centro Diurno
conquistiamo i Comuni
il nostro impero guiderà i mondi
orecchiette alle cime di rapa
la parola d’ordine.

Giuseppe

spesso il male di scrivere ho incontrato

Spesso il male di scrivere ho incontrato:
era negli eunuchi laureati che reclamano
una cattedra nel mondo riciclando
sistemi collaudati senza un briciolo d’idea,
era nei poeti brizzolati che regalano
pensieri brufolosi ad amanti senza scopo
rimpiangendo giovinezze mai accadute,
era nei nostalgici ubriachi ma già pronti
ad orge illetterarie e sanguinanti
che bruciano candele come vita, ed era
nei grigi segretari loro padri
che rimediano alla noia col vuoto
e si gonfiano testardi negli uffici, emorroidi
impettiti di poesia. Bene non seppi,
fuori della loro petulanza a rimarcare
la comune indifferenza dei colleghi
blasonati, quanto di sincero v’era in loro,
morti e già dimenticati persino
nel respiro. O se non fosse ancora un vezzo,
l’ansia puerile di non esserci, il rifiuto
ad accettarsi né nuovi né veri, e nemmeno
destinati, nella propria impurità, al ricordo
di chi resta. Creature, sì, di pena,
ma soltanto per la loro piccolezza.

dare fastidio

Io ho fiducia nei giovani. È la mia generazione che butterei via, quella degli arrangiati che con la scusa che sono cresciuti nella fame l’unica cosa che sanno fare è prendere e fregarsene degli altri, che fanno passare il messaggio che vincono i furbi e gli altri sono tutti fessi, quelli che quando c’è una fila devono per forza passare davanti. Quando vedo gente così, è più forte di me, io mi metto davanti a loro e li blocco, gli do fastidio. È una cosa piccola, ma è il mio modo di mettere in crisi quel sistema.

(Rosa, la mia vicina, una persona coi controcazzi)

lunedì 13 aprile 2015

la solitudine

La solitudine, mi accorgo, non è la capacità di stare alla perfezione lontano dagli altri, che è invece indipendenza, ma l'incapacità di caricarti, con loro, dei problemi, delle gioie e delle aspettative, il modo in cui li deludi per la tua debolezza. L'indipendenza è una cosa bella ma fragile, sfocia nella solitudine quando meno te lo aspetti. Ti accorgi che è solitudine quando chi hai intorno si sente solo insieme a te.

sabato 11 aprile 2015

divario

Sono appena stato alla presentazione di un libro di un ventenne che si chiama come me, Antonio. L’ho incontrato oggi per strada e mi ci sono messo a parlare. Mi ha fatto simpatia e così sono andato a vedere di che si trattava. Il suo romanzo si chiama Fuori piove, dentro pure, passo a prenderti? ed è una classica storia d’amore adolescenziale, ovviamente autobiografica, che il ragazzo si è prima autopubblicato su amazon, ha ricevuto 20.000 download, poi è stato contattato da Mondadori che lo ha pubblicato, ed ha avuto un tale successo fra i teenager che ora del suo libro stanno facendo un film. Insomma, la bella storia di un ragazzo che ci ha creduto e ha avuto successo.
Almeno finché non prendi il libro e cominci a leggerlo. E capisci che il divario che c’è fra buon cuore e talento può essere enorme, e spietato. E quello che c’è fra te e Mondadori è ormai incolmabile.

lunedì 6 aprile 2015

lunedì di pasquetta

Svegliarti tardi, restartene pigramente a letto e dal letto afferrare il primo libro che ti capita sottomano: Dall’esilio di Iosif Brodskij. Leggerlo tutto, dall’inizio alla fine, e poi rileggerlo da capo, dall’inizio alla fine, per quant’è bello. Il cielo color inverno, il telefono spento, il vento che scuote i cedri al di là del vetro come in un film muto. Tu, il tuo letto e Brodskij, il più bel lunedì della tua vita, forse.

venerdì 3 aprile 2015

paraculate

“Una vita fa!” mi dice convinto il ventenne pieno di serietà e di ardore per parlarmi di cosa gli è successo appena sei mesi fa. Mi vien quasi, sulle prime, di ridergli in faccia. Poi mi rendo conto come corre a un altro ritmo il tempo dei più giovani, un ritmo forsennato. Così mi sforzo di capire, ricordare il mio di tempo a vent’anni, circa vent’anni fa. Così, se faccio attenzione, gli vedo le prime rughe sul viso, i capelli bianchi nascosti, i primi pesi che gli piegano le spalle, e offuscate dietro la luce vitale del suo sguardo, le future cataratte che lo devasteranno fra nemmeno una vita. “Poverino!” gli dico. E lui di rimando, ma serio: “Povero, povero me!”*

*Che poi ventenni lo siamo stati tutti, quindi non ci sarebbe nulla da paraculare.