venerdì 30 ottobre 2015

avvoltoi

Arriva inesorabile il quarantennale della morte di Pasolini. Lo senti, lo vedi, in tv o sulle bacheche di tanti (anche la mia), lo vedi in libreria fra le nuove uscite. Di tutto propongono, meno che la ristampa della sua prima e fondamentale raccolta di poesie, La meglio gioventù (o La nuova gioventù come la ripubblicò poco prima di morire, deviandone il senso). Di tutto propongono, persino delle cose di indubbio pessimo gusto, spesso morbose, specchietti per le allodole, o gli avvoltoi affamati, a cui non interessa chi era Pasolini, ma solo com’è morto, da chi lo ha preso in culo e se c’entra la Cia, tutto il gossip possibile, tutto ciò che un Editore (per me) dovrebbe evitarsi, dovrebbe EVITARE agli altri, perlomeno per una questione di eleganza, di facciata. Invece vedo cose che mi lasciano perplesso e persino infastidito. E amando Pasolini, amandolo davvero, rispondo come posso, con la poesia, non mia, ma più alta di Giorgio Caproni. 

Caro Pier Paolo. 
Il bene che ci volevamo 
– lo sai – era puro. 
E puro è il mio dolore. 
Non voglio pubblicizzarlo. 
Non voglio, per farmi bello, 
fregiarmi della tua morte 
come d’un fiore all’occhiello.

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