lunedì 29 agosto 2016

il panettiere

Il panettiere è la terza traccia del primo lato di Secondo te... che gusto c’è?, album del 1977 che appartiene al periodo più maturo dell’artista Enzo Jannacci. Viene subito prima di Rino, lettera di un alcolizzato pronto al suicidio, e subito dopo Jannacci arrenditi, brano parlato di follia e comicità assoluti. L’album, nel suo insieme, non è allo stesso livello dei coevi Quelli che... e Fotoricordo, eppure proprio grazie a questo pezzo, ritratto del panettiere Giovanni che va al mare per annegarsi, a Rino e a La costruzione sul secondo lato, terzo pezzo a tema sulla morte (stavolta sul lavoro) in un disco di appena mezz’ora, raggiunge una sua oscura grandezza, inusuale per il panorama italiano dell’epoca persino per un cantautore, e paragonabile piuttosto a quella che negli stessi anni si può ritrovare in alcuni dischi di Tom Waits. Rappresenta, inoltre, la prima avvisaglia del dolente pessimismo che da qui in avanti caratterizzerà l’opera di Jannacci.

domenica 28 agosto 2016

rino

Non sono ubriaco questa sera, non sono ubriaco eppure questa sera mi corre, mi vola un pensiero a casa, quasi per gioco, quasi per sbaglio, quasi senza voglia. Mamma ti saluto, babbo ti saluto. Rino fatti volere tutto il bene che a me non m’hanno voluto. Mamma ti saluto. 

hackensack

Fra i tanti disastri degli ultimi giorni mi era del tutto passata inosservata la notizia della morte di Rudy Van Gelder, il 25 agosto. Van Gelder per molti appassionati era IL tecnico del suono, con l’articolo in maiuscolo, avendo registrato alcuni dei capolavori del jazz di metà '900: dai primi dischi di Monk, Miles e Sonny Rollins fino ad A Love Supreme di Coltrane. Lo stesso Monk gli dedicò un pezzo Hackensack, inciso nel 1954, e dedicato alla particolare sala di registrazione utilizzata dal primo Van Gelder, nella cittadina di Hackensack, New Jersey. Poiché l'arte si nutre in entrambe le misure di talento e di leggenda, il successo di Van Gelder, oltre che per le sue capacità, si deve anche alla particolare leggenda costruita dal suo personaggio, e dalla sua particolarità di registrare in casa sua gli artisti che di volta in volta chiedevano il suo apporto. Immaginate di essere poco più di un ragazzo della tranquilla provincia americana di metà anni ’50 e di invitare nella casa dei vostri genitori un gruppo formato da Thelonious Monk, Sonny Rollins e Art Blakey più alcuni altri neri assai poco raccomandabili – i musicisti jazz erano poco più che tossici per l’opinione pubblica – che suonano nel vostro salotto mentre voi li registrate, e avrete l’idea di cosa potessero essere quei giorni. Ne nasceva un suono caldo, pieno, intimo, con un sottile riverbero che lo caricava di elettricità. Magari non era un suono perfetto ma molti lo amavano, e qualcuno anche lo odiava: Mingus ad esempio rifiutò sempre di farsi registrare da lui. Eppure Van Gelder era talmente sicuro di quel suono che, un certo punto, dovendo lasciare la casa dei suoi, si costruì uno studio che era la copia esatta del suo salotto, apposta per mantenerne intatta l’atmosfera e probabilmente il brivido dei primi anni di quell’avventura. Fra l’altro, proprio in virtù di quel suono, nel 1998 chiesero a lui di registrare i pezzi usati come soundtrack di Cowboy Bebop, perché nella fantasia degli autori dell’anime, se c’era un sound jazz che poteva viaggiare fra le stelle, doveva essere il suo. 

mario

Ci pensavo poco fa, mentre tornavo a casa e canticchiavo questa bella canzone di Jannacci, che è una vita che questo nome mi insegue, Mario l’amico scomparso di Jannacci, il padre di Lorenzo Cherubini, il gestore del bar di Ligabue, il fratello mai operato al fegato di Rino Gaetano. Si vede, ho pensato, che tutti i piccoli eroi di questa terra si chiamano Mario – il nome più comune che tu possa immaginare – e si confondono in mezzo agli altri aspettando il loro momento, che sia una canzone, o un semplice pensiero prima di andare a dormire. 

venerdì 26 agosto 2016

il canarino assassinato

Stanotte ho sognato lei che prima mi amava, poi provava a spingermi fuori dalla finestra dicendo che i veri poeti dovrebbero volare. Stavo per dire che, con donne così, chi non è invidioso dei miei sogni dovrebbe esserlo, ma non sono più sicuro, visto che nei miei sogni le donne provano a liberarsi di me.

giovedì 25 agosto 2016

sogno della lucciola

C’è chi ambisce a esplodere nel mondo. A me basterebbe implodere nella mia stanzetta, e restarmene lì tranquilla, senza mondo, senza più preoccupazioni. Lavoro, dunque, alla mia scomparsa, al mio lento spegnimento. Mi vedo come una lucciola stanca, che si aggrappa a una foglia sotto un cielo abissale.

mercoledì 24 agosto 2016

cinismo famigliare

Momento di cinismo famigliare. Seguiamo tutti insieme gli aggiornamenti sul terremoto. A un certo punto mandano un servizio sugli interventi del Governo: “Nei momenti di difficoltà l'Italia sa come fare” dice Matteo Renzi. Scoppiamo a ridere senza ritegno.

martedì 23 agosto 2016

i trullari-ninja

Questa mattina, parlandone con Grazia Rongo, siamo arrivati alla conclusione che per combattere l’inarrestabile ondata di abusivismo edilizio che colpisce le nostre terre, l’unica è controbattere il male col male (un po’ come nei film americani), occhio per occhio e dente per dente. Quindi? Quindi abusivismo per abusivismo! L’idea è questa. Opporre ai palazzinari interessati una fortissima squadra di trullari-ninja, che arrivano la notte sui cantieri e prima ancora che qualcuno possa solo fiatare, ci piantano su un bel trullo abusivo. E poi possano pure invecchiare, aspettando che i trulli crollino da soli! Oppure, lasciarli liberi per le campagne, a ripristinare quelli che lentamente cedono alla nostra incuria. Presto organizzeremo una raccolta fondi per una scuola di formazione dei trullari-ninja. Intanto, accogliamo simpatizzanti.

domenica 21 agosto 2016

tre epigrammi sull'amore di marziale

Vuole e non vuole, Galla, darsi a me. Né dire posso
cosa vuole o non vuole: cosa voglia, Galla, dare a se stessa.

*

Lucerna che conosce la delizia del tuo letto,
qualunque desiderio tu vi appaghi, tacerò.

*

 «A Quinto piace Thaida». Thaida chi? «Thaida, la losca».
A Thaida manca un occhio. A Quinto tutti e due.

venerdì 19 agosto 2016

la porta

Convivo da mesi, da quando sono arrivato qui, con un giovane attrice nel retro di un negozio di scarpe. Lo facciamo entrambi per risparmiare eppure, per evitare malintesi, dormiamo in camere separate né io, in quanto straniero, posso parlarle. Mi è dato solo ascoltarla, quando fa le sue prove, attraverso un buco scavato nel legno della porta che ci separa, in una lingua che non conosco e di cui afferro appena poche parole nella penombra del magazzino. Quelle che catturo, affinando l’orecchio fra una lettura e l’altra, me le segno sul taccuino per andare poi a cercarle sul dizionario quando lei non c’è. Sogno di poterle rispondere un giorno, e per questo, anche se ancora non la capisco, ascolto con attenzione i monologhi indirizzati alla porta, che mi offre in esclusiva prima che al suo pubblico in teatro. Imparo così quello che va oltre le parole, i tempi del suo respiro, come abbassa la voce quando è turbata fino a renderla del tutto impercettibile, come la impenna nella furia senza scampo della sua ira, i silenzi affilati che pesano sul cuore, e tutto quello che nascondono le sue risate. Io provo, fra un monologo e l’altro, tutte le scarpe del magazzino, cercandone un paio buono per riprendere il mio viaggio, appena le avrò parlato. E scopro che non me ne va bene nessuna. Infatti, sono tutte bucate.

giovedì 18 agosto 2016

fingere l'orgasmo intelligente

Stamattina ho cominciato a leggere Lamento di Portnoy di Philiph Roth. Al primo capitolo ho pensato che senza Roth forse non avremmo avuto un certo Woody Allen. Al secondo capitolo, invece, ho pensato che senza La coscienza di Zeno forse non avremmo avuto questo libro. Da bravo italiano con il senso di inferiorità tipico di tutti gli italiani in trasferta, dapprima mi sono chiesto: Possibile che Philiph Roth abbia letto Italo Svevo? Poi ho controllato, e in effetti Roth indica Svevo come suo modello. Ma guarda, mi sono detto ringalluzzito, quindi senza Svevo forse oggi non avremmo né un certo Philip Roth né, di conseguenza, un certo Woody Allen. E pensare che La coscienza di Zeno in molti forum di lettura passa – soprattutto fra i ragazzi, ma non è un libro per ventenni – come illeggibile, avvilente o sopravvalutato. Oppure peggio, è uno di quei libri che i più fanno finta di aver letto – perché si dovrebbe in qualche modo averlo letto per definirsi veri amanti della lettura – ma i più sono a tal punto annoiati dalla sua idea che – per non dispiacere la convenzione del piacere intelligente – preferiscono fingere l’orgasmo, prima ancora di aver cominciato.

mercoledì 17 agosto 2016

osservazione sui blog letterari

Qui sta finendo che i blog letterari più seri o rinomati (che cominciarono con l’idea di offrire maggiore “democrazia” attraverso il web, e apertura e qualità nella proposta rispetto all'asfittico e spesso nepotista mondo della carta stampata) stanno rapidamente diventando come vere case editrici, con richieste numerosissime di pubblicazione, interventi e recensioni, da parte di un mondo editoriale a dir poco brulicante, al quale, per mancanza di forze, rispondono: 1) col silenzio più o meno educato già proposto dalle maggiori case editrici, 2) favorendo, per comodità, nei loro spazi: amici e conoscenti e/o nomi già affermati che portano visibilità. Tutto questo alla faccia della maggiore “democrazia” e dello sguardo più ampio promesso al panorama letterario. Il tutto in meno di 10 anni. Complimenti.

lunedì 15 agosto 2016

nero su nero

Picasso viene a trovarmi nel mio studio. Mi porta un grande quadro che appende alla parete. Mi dice che, secondo lui, gli manca il nero e mi chiede di aggiungerlo al suo posto. Osservo: «È già un quadro in bianco e nero. Dov’è precisamente che, secondo te, gli manca il nero?». Lui mi guarda come se fossi stupido: «Ovviamente sul bianco». «Ma così, se riempio gli spazi bianchi, diventa tutto nero, non si vedrà più niente!». «E anche fosse nero su nero, chi ti dice che il nero non abbia nulla da dirci?» mi risponde Picasso prima di andarsene. Io mi metto al lavoro per riempire le parti mancanti del grande nero di Picasso, e man mano che procedo mi ritrovo sempre più nudo e sempre più al di fuori del mio studio. Prima al semaforo, indicato dai passanti scandalizzati, poi in fuga attraverso il deserto, poi ospite nella casa di un altro, seduto accanto al suo camino spento. Infine in un parcheggio, mentre salgo, accompagnato dalla polizia, in un’auto non mia, e quello al volante mi informa che Picasso è appena morto, e ne scrivono tutti i giornali.

domenica 14 agosto 2016

regola

Capita che la notizia passi
fra le maglie di censura dell’Impero.
Capita che il cancro receda
senza chemio.
Capita che il sorcio sfugga
alle grinfie del felino. Capita persino
che il cappio riveli Dio
al suicida.
Capita ma non è cosa certa
che nella rarità si mostri la bellezza
della vita. Quell’eccezione
chiamata speranza:
il resto delle vittime a bilioni
la regola che la conferma.

berlinguer ti voglio bene

Vignetta di Tullio Pericoli e Emanuele Pirella, pubblicata su l'Espresso.

nel pieno della sua giovinezza

Ho trovato in rete questa foto, e ho pensato a tutte le volte che, catturati dal suo fascino smaliziato o semplicemente abbindolati dalla sua voglia (un po' infantile) di stupirci, ci scordiamo di quanto era bello Dalì nel pieno della sua giovinezza e del suo amore.


sabato 13 agosto 2016

preoccupazione

Per due giorni di fila, due persone diverse mi hanno detto: "A 30 anni eri veramente figo! Cosa ti è successo?". Sto cominciando a preoccuparmi.

giovedì 11 agosto 2016

giornata di cacca

Ore. 6.30. La giornata comincia nella cacca. Con Mao che si è nascosto nello sgabuzzino e mi ha lasciato un bel regalino fumante. Poi mi guarda con una faccia pentita che mi passa la voglia persino di sgridarlo. E mi dice: benissimo, superata questa nostra incomprensione, dove sono i miei croccantini?

mercoledì 10 agosto 2016

dignità

Sognare la dignità che ti calpesta e scoprire che lo fa per sistemarti un problema alla schiena. Infatti il giorno dopo ti risvegli un pochino più dritto.

domenica 7 agosto 2016

oggi sette agosto...

Oggi sette agosto
compleanno col botto
di mia madre
soprannominata tempesta
dunque in linea col meteo
e i suoi allarmi
ma alta appena
uno e cinquanta
e perciò inoffensiva
persino per l'orto di casa.

giovedì 4 agosto 2016

senza titolo (per graziano)

Graziano, c’è poco da parlare, così poco
che avrei voluto dirti. Mi sento sopraffatto dalla morte
di te che avevi sempre occhiali scuri
per pararti dai problemi. Eri un rocker
senza tempo e tutto quello che rimane
sono nascondigli in cui fermare gli attimi di luce:

lettera d’amore a una tartaruga di mare
vascorossi irripetibile a sanremo del 1983
i bambini che giocando con la neve
...........................ti fanno stare bene
e la mattina in cui mostrasti una vescicola sul dito
e mi dicesti fai tu, che a me spaventano gli aghi.

mercoledì 3 agosto 2016

la grinza

Spunta un’altra grinza sotto l’occhio.
S’accocchia con le altre nella rete
di tutti quei sorrisi silenziati
per troppa timidezza a dirsi vivi.

S’accocchia e mette un soldo
dentro gli anni che invecchiano
pian piano negli affanni del corpo
che non più riconosco se lo vedo

maneggiato dal tempo senza cura
e dagli schianti del cuore. Ancora mio
e non proprio mio se lo ricordo

quando speravo di potermi poi salvare.
Mai stato mio quando realizzo
di non essere mai stato salvato.

come polifemo

martedì 2 agosto 2016

per minervini

Molti non lo sanno ma Guglielmo Minervini, prima ancora di fare il politico, era stato un editore, fondando una piccola e bella casa editrice, chiamata La Meridiana e il cui scopo era far libri «utili, necessari, perché c’è un problema vero e perché c’è un vissuto, una esperienza da comunicare». L’idea di essere utili agli altri attraverso il proprio vissuto, in maniera pratica, concreta, gli veniva dalla profonda ispirazione che su di lui aveva avuto la figura di don Tonino Bello, ed è sempre stata connaturata alla sua persona, ai suoi ideali, solo in seguito si è riversata naturalmente nella sua politica. Legare la parola «utilità» ai libri in una terra dove i libri servono al massimo come sottobicchieri, è stata la prima di tante rivoluzioni più o meno riuscite, ma dettate dalla passione, dalla convinzione che qualcosa in più si possa e si debba sempre fare.
Questa convinzione lo ha sempre accompagnato, sin da quando nel 1994, a 32 anni, divenne sindaco di Molfetta in una lista civica e provò, con successo, a ripulirla dalla Camorra, realtà talmente invasiva che, come disse lui stesso: «la si poteva toccare con mano». Nel 2005 venne eletto in Regione con Nichi Vendola. Molti lo ricorderanno perché quella vittoria segnò l’avvio del periodo più splendido, pur con tutte le sue imperfezioni, della nostra storia politica, tanto da meritarsi il soprannome di Primavera pugliese, esempio per moltissime altre realtà regionali ed europee. Di quella Primavera Minervini, per quanto meno appariscente di Vendola, fu uno dei protagonisti indiscussi. Tanto che la proposta più coraggiosa, più innovativa, venne da lui. Che diceva questa proposta? Diamo fiducia ai giovani, diamogli i mezzi, diamogli lo spazio. In una regione con un fortissimo tasso di emigrazione, di fuga dei cervelli, fu una rivoluzione epocale. È vero, non sempre i risultati hanno corrisposto alle promesse, dall’una e dall’altra parte, ma il senso di speranza, di possibilità, era altrettanto palpabile nell’aria quanto lo era stato, all’opposto, la presenza della Camorra che infettava Molfetta nei primi anni ’90. Il più grande capovolgimento che mai ci si potesse aspettare in Puglia nel giro di appena dieci anni. Anni preziosi per dare una nuova identità, e orgoglio, alla nostra Regione: soltanto per questo dovremmo essere tutti grati a Minervini.
Non tutto gli è andato sempre liscio. Ricordo, fra l’altro, che Minervini fu il primo a cercare di far luce nei conti occulti delle Ferrovie Sud Est, fallendo clamorosamente il colpo. Eppure mai, nemmeno fra i suoi detrattori, lo si è mai tacciato di malafede, o di disonestà, e anche questa direi, è una sua grande vittoria. Gli ultimi anni di Minervini sono stati minati da gravi problemi di salute. Eppure, fedele al suo credo, non l’ho mai visto piangersi addosso, mai, neppure nei momenti di maggiore fragilità. Una volta un amico scrittore lo definì così: «un uomo infinito in un corpo minuto». E posso dire che è la descrizione che più gli corrisponde. Molti di noi, della mia generazione, gli devono qualcosa, perlomeno in termini di fiducia. Sono sicuro che non verrà dimenticato.