venerdì 30 giugno 2017

il poeta parcheggiatore

Terminiamo la presentazione dell'ultimo libro da noi pubblicato, quando vicino al tavolo coi nostri libri in vendita si avvicina un tipo alto, grigio, silenzioso. Si presenta: Ciao, sono un poeta anche io. Lo fraintendo, credo voglia propormi una pubblicazione, gli chiedo: Quindi, vuoi farmi leggere il tuo libro? Mi risponde: No, veramente volevo sapere se mi compravi una copia, costa solo 4 euro. Allora mi viene da ridere e gli dico: Affare fatto! E compro una copia del suo libro, me la faccio anche autografare. Mi racconta di sé: Sono un poeta ma per vivere faccio il parcheggiatore, sono un poeta parcheggiatore. Una sorta di Bukowski, gli dico. Gli si accende lo sguardo. Precisamente, mi fa. E quindi, quando scriverai un altro libro che fai, me lo fai leggere quello? Più che altro, visto che sei attento alla poesia, preferirei vendertelo, mi dice.

giovedì 29 giugno 2017

diario minimo: una settimana a zonzo in italia

Giorno 1 – Verso Perugia

A 10 min dalla partenza si accorge di aver dimenticato a casa la macchina fotografica. Il controllore evita la tragedia impedendogli di lanciarsi dal finestrino del treno in corsa. 

Briciole di poesia

FACCIA. Sale a Foggia e mi si siede vicino una tipa dal volto segnato, le braccia piene di tatuaggi e cicatrici. Attacca bottone, e anche se ha l'alito pesante le do corda per non essere scortese. Mi dice che fa la poliziotta. Come no? Dopo un po' prende confidenza e mi dice: tu c'hai la faccia di uno che si fa parecchio. Io? E poi aggiunge: se vuoi ti faccio una sega in bagno in cambio di una dose. Con una voce che la sente l'intero vagone. Io, sempre per non essere scortese, le dico: ci penso un attimo e ti faccio sapere. Lei allora si alza e scende a Benevento. Alcuni minuti dopo che se n'è andata, arriva il capotreno a chiedermi se è tutto a posto e io gli rispondo di sì, a parte che per l'aria condizionata che mi sta uccidendo. Senza si starebbe peggio, mi risponde pieno di saggezza inutile. 

CULO. Uno seduto dietro di me, al telefono: "Mi hanno rotto il culo, ma almeno ci ho guadagnato 8000 euro..." Per fortuna siamo quasi arrivati a Perugia. 

Elena Zuccaccia mi aspetta al Pincetto
 
Giorno 1 Perugia 

LA SCALA. Devo comprare da bere. Mi portano in un posto, da Celentano, tenuto da un tipo buffo che fa il verso a quello vero. Indossa un Panama bianco e maneggia birra come se non ci fosse domani. Davanti a me, al bancone, due ragazze americane, alte e bionde, due puledre in corti vestitini neri. Gli chiedono se ha un bagno. Celentano, senza scomporsi, pigia un bottone sul muro. Allora si apre una botola sul soffitto da cui scende giù una lunga scala. Roba del futuro! Celentano indica la scala. Il bagno è di sopra. Le due americane ridendo salgono le scale non rendendosi conto di mostrare il culo a quelli di sotto. Celentano fa un gesto esplicito col braccio, ma che bontà! Poi dice agli uomini in sala di avvicinarsi svelti a guardare anche loro. E a quelli che si avvicinano davvero, sorride complice poi mette in mano una birra. 

Perugia dall'alto
 
Giorno 2 – Perugia
 
Stanco. Oggi lunghissima giornata. Le due cose che meglio ricorderò di questo lungo giro sono la Perugia sotterranea, quasi una necropoli sotto il palazzo papale, in cui è custodito il Grande Nero di Burri che tanto amo, il centro del mio cuore, e poi nel pomeriggio una partita di basket fra asiatici, che forse c'entra poco ma c'entra. A torso nudo, duri e selvaggi, si contendevano la palla e a me sembrava d'essere in America. Mi è sembrato che Perugia sia sempre altrove, sempre dietro un'altra curva, un altro saliscendi, e per quanto la cerchi è sempre sfuggente, persino in tanta storia, in cui anzi tutta quella storia diventa solo una nuova scusa, un pretesto per sfuggire verso qualcosa che sta nascosto, in attesa di un domani ancora da scoprire. 
Domani a Terracina.

Tracce del divino. Chiesa di San Domenico, Perugia

 
Presentazione Libreria Mannaggia, Perugia. Elena Zuccaccia, Elvio Ceci e io

Giorno 3 – Terracina

L'ABBAGLIO 


Orizzontale e verticale.
Tutto di te mi fa male
che non sia l’angolo muto
della tua stanza l’occhio
spalancato sull’ombra | in piena luce
il sole sparso sulla mia bocca
fra i denti minuti della cerniera
spalancata sul vuoto.
Sulla tua carne in fuga. Ma se nulla
conta mai davvero per arrivare
a nulla, allora nulla potrà mai
dimenticarci? Me lo chiedevo poi
sui due piani ormai distanti | orizzontale
e verticale in cui stavamo.

Elvio Ceci


Rive di Traiano a Terracina. Presentazione sulla spiaggia
 
Come sopra ma con in più Angelo 'Joe Strummer' Marzullo
CLASH. Mi sono svegliato inondato di sole ai piedi di una montagna per poi finire in spiaggia in costume ma senza fare un solo bagno. Oggi abbiamo presentato un mio libro e fatto un esperimento particolare, traducendo dei miei versi in dialetto nel dialetto di qui e poi perdendosi per ore sulla corretta attribuzione della parola vermicocco. L' esperimento è riuscito anche se qualcuno ha storto il naso quando ho cominciato a parlare male del PD e di Alfano. Ma si è discusso di tanta altra roba, di Dylan e di bignami, di scuola e di Caproni, di Pasolini che fece il pescatore a Terracina, di Sandro Penna riletto in questo mare e del mattino in cui svegliandomi a Ferrara in una stanzetta del quartiere ebraico mi son detto: farò l'editore. Era il 2012 e ancora ogni giorno mi pento e non mi pento di quella scelta. Tutto questo è per dire che la poesia è sempre e dovunque, in tutti i discorsi d'amore e nelle mie parole sole, per citare Mimmo Pastore. È il reale. Anche a tavola, bevendo moscato coi due più grandi punk di Terracina e discutendo con loro di quale sia il disco più bello di tutti, se London Calling o Sandinista. 
Questo post è soprattutto per loro che mi leggono e aspettavano questa puntata.

Terracina prima del tramonto

Giorno 4 – Terracina

VACANZA. Prima vera domenica di caxxeggio dopo molti anni. Nel senso che da quando mi sono svegliato fino ad ora che sto per andare a nanna non ho fatto altro che lasciarmi trascinare dalla corrente senza nessun programma stabilito. Non ho letto, non ho scritto, non mi sono posto problemi, non ho fatto altro che parlare dormire mangiare respirare bere ballare e qui e lì scattare qualche foto ricordo col cellulare. Una splendida giornata insomma, e proprio Vasco è stata la colonna sonora sotterranea di oggi. Mai ascoltato ma canticchiato tutto il tempo fra i denti. Vado al massimo, vado a gonfie vele. Domani vado a Torino, ma già Terracina mi manca. A fine giornata passeggiavo per la parte alta della città e già la gente mi salutava e mi stringeva la mano come se fossi sempre stato qui. Uno del posto. Di sicuro me ne vado, ma poi torno. Promesso.

Una banda di matti. Sandro e Elvio Ceci, io, Alessandra Romagna

Giorno 5 – Passaggio da Roma, poi Torino

Damo soddisfazione ar popolo!

Ho lasciato i colli di Roma in piena estate per questi temporali di Torino. Ho il cuore in gola e pieno d'ansie che non dico e Lucio Dalla che canta con me da una mezz'ora. Perché se siamo soli in due, mi dice, fa male uguale ma pesa meno.

Giorno 6 – Torino

La situazione metereologica a Torino non è per nulla buona

Q-Q-QU-QU-QU-QU-QUE-QUEL-QUEL-LLO-QUE-LLO! Mi indica il passante che ho fermato, borbottando la risposta al mio tormento, dove sia la Grande Madre che sta immane e sorniona alla mia destra, guardandola dai Portici, al riparo dal primo temporale in arrivo. Lei sta lì e non si muove, eppure non la vedo. Finché una direzione non si apre in quella voce, la fatica di creare una parola che poi si fa scoperta nell'ascolto. Grazie, gli rispondo soddisfatto. E il sorriso esplode anche sul suo viso. 

Incontri casuali in piazza Vittorio Veneto, la poetessa Valentina Colonna

IL DILUVIO. Potrei raccontare molte cose di questa giornata ma la più bella l'ho vissuta alla fine. Siamo all'Evergreen Fest al Parco della Tesoriera e la mia presentazione sta andando bene. La gente applaude. Ride. Sul verso di Lino Angiuli: Sud voce del verbo sudare esulta. Mandiamo il booktrailer di spazio privato di Elena Vladareanu e leggiamo Carne di Elena Zuccaccia e un pezzo mio che parla del diluvio universale. Su quello comincia a piovere. Gocce grosse e pesanti. Poi parte un concerto jazz sotto la pioggia, violento, incessante come quella, con la gente inchiodata alle sedie sotto i tendoni per via dell'acqua. Gran bella musica! Va avanti così per un'ora fra jazz tuoni e secchiate, il parco è un pantano. Poi salta la corrente e restiamo sospesi sull'acqua, i piedi a mollo, come gru. Qualcuno si arrampica sulle sedie aspettando il momento più giusto per scappare. Fino a quando uno del pubblico mi fa: "Signor poeta sei tu che hai fatto piovere con la tua poesia. Ora visto che ci sei leggici altro, che almeno passiamo il tempo sotto l'acqua". Così, in piedi anch'io sopra una sedia, comincio a recitare versi a memoria, senza microfono. La gente si calma, mi ascolta, persino nel diluvio. Una ragazza mi dice: "Che bella voce che hai". Poi la pioggia si calma un pochino e andiamo via zampettando sull'acqua, verso un'uscita. 

Evergreen Fest, al parco della Tesoriera a Torino

Sul palco dell'Evergreen Fest, con Simone Schinocca
Domani si riparte. 
Giorno 7 – Ritorno

Quei momenti di magica bellezza in cui arrivi in un posto ascoltando una certa canzone e te ne vai ascoltandone una certa altra...

Di cosa parliamo quando parliano d'amore. Un bel titolo intonato alle lenzuola

Considerazioni a margine del mio viaggio mentre sono in attesa in aeroporto. 
Prima, siamo così fissati con questa idea di "indipendenza", economica, sentimentale, dalla famiglia, che ci scordiamo come tutte queste cose non c'entrino nulla con l'essere Adulti, che è la capacità di affrontare ogni situazione nella maniera più giusta o dignitosa per sé e anche (corsivo) per gli altri intorno. 
Seconda, a volte presi come siamo dal fascino di persone di genio ma che appunto, mancano spesso della giusta adultità, ci scordiamo dell'omino col "cacciavite in mano" che sta dietro e fa il lavoro sporco. Noi ci beiamo nella luce del genio, ma senza l'omino che fa e risolve i problemi, quel genio non sarebbe che uno come tanti altri che spara qualche cazzata in più. 
Lo sappiamo tutti ma ce lo scordiamo sempre. 

Altre fotoTea for two!

Con Sergio Pasquandrea a Perugia


Retroscena di una presentazione. Elena stira la camicia di Elvio

Con Andrea Gianfrate a Torino
 
Con la Colonna a Torino

Con Luca Bianchini in areoporto a Torino


divagazioni sul cuore

Pochi giorni fa mi hanno chiesto perché, quando parlo delle mie storie passate, c'è sempre di mezzo una donna. Perché io credo nel cuore, nel fatto che il cuore è tutto, persino nei suoi capricci di un momento, e a lui va dato tutto, o se lo prenderà da solo lasciandoci in grossi casini. 
Seguendo il cuore ho perduto sempre. Non seguendolo ho perduto il doppio. Eppure la lingua sempre lì torna a battere, dove più ci duole. Perché, ammettiamolo, del cuore parlano tutti, ma poi quelli che ci credono davvero sono sempre troppo pochi. Il cuore è un affare per persone sole.

mercoledì 21 giugno 2017

e gnente

Piccola storia triste. Tutto ciò che scrivi. 
Qualsiasi cosa scrivi. Potrebbe essere anche felice. 
Invece è triste. Perché la scrivi?
Mi rispondi così: E gnente. Con la gn- di gnagna. 
Quanto sei poco originale -.- mi scrivi.

deus absconditus

Che cosa triste leggere articoli di giornale come quello de La Stampa che dopo le tracce della Maturità titola: "Chi è Giorgio Caproni", quasi fosse una necessità spiegarlo, e intuire che lo è. Quegli articoli rivelano la cruda verità, che a non conoscerlo, Caproni, non sono soltanto gli studenti che magari adesso lo inseguono, ma anche i loro genitori e i nonni. Il più grande poeta italiano della seconda metà del '900 (almeno per me, ma se la gioca con Sereni) e non lo sa quasi nessuno. Sarà forse un bene questa traccia, come dice Nicola Lagioia perché magari adesso qualcuno si sentirà lo scrupolo di recuperarlo. Ma fino a quando si potrà andare avanti così, trattare la nostra poesia, e la letteratura, come Lascia o raddoppia? Fino a quando non ci si sentirà in dovere di prenderli questi programmi ministeriali, che sono come catene, e dire che è tutto da rifare, ripartendo dalle basi, dalla persona e dal suo bisogno inalienabile (e non dal dovere) di sapere? Vi rendete conto dell'enorme furto che avete perpetrato e state perpetrando a danno di quei ragazzi che non sanno nemmeno chi è Giorgio Caproni e pensano sia solo una incombenza non necessaria, e se invece lo conoscessero lo amerebbero alla follia per l'universalità fulminante del suo verso, per l'ampiezza smisurata del suo sguardo sul buio, per il modo ironico, sprezzante, con cui lo affronta, e per il dubbio che ci pone di continuo, che il dubbio sia la sola soluzione? 

Un semplice dato: 
Dio non s’è nascosto. 
Dio s’è suicidato. 

[Giorgio Caproni]

lunedì 19 giugno 2017

diritto

Lo so che ne traslo il senso, ma quando mi dicono Ius soli, io per estensione la prima cosa che penso è il mio diritto inalienabile a ritagliarmi e difendere uno spazio tutto mio dove star solo, e da cui mandare affanculo tutti quanti quando la pazienza vacilla. Lo stesso principio per cui delle volte, sentendomi straniero in una terra straniera, rivendico il mio diritto alla sopravvivenza e spengo il telefono o mi chiudo in casa a distanza di sicurezza dal prossimo. Tutti mi dicono: asociale! E io rispondo: no, esercito soltanto il mio diritto alla solitudine.

domenica 18 giugno 2017

gomiti

Sogno di stanotte. Vado a fare un corso di scrittura. Fra i molti consigli utili il più interessante dice: quando scrivi stai composto e non appoggiare mai i gomiti sul tavolo, altrimenti poi ti rilassi troppo, ti va il sangue nei lombi e ti parte una super erezione che ti distrae dalla creazione artistica.

venerdì 16 giugno 2017

crollo

Oggi crollo. Nel senso che sono cascato giù come una pera e poi due ore di immobilità. Calo di pressione improvviso, forse il caldo. Ancora mi sento fiacco, le mani addormentate. In tutto questo mia madre, per consolarmi, mi dice: Su, un po' di coraggio, le donne svengono in continuazione e mica si lamentano come fai tu, si rialzano e basta. E io, a parte che non sono donna, non sto dicendo proprio nulla. Si vede che ho preso da mio padre che non ha segreti per nessuno, e mi parla la faccia mio malgrado.

il ragno

Io so una cosa, che spesso lo spazio che ti concedono è direttamente proporzionale a quello che già occupi, che più sei grosso di tuo e più spazio ti danno, senza fiatare. Se invece sei discreto, piccolino, nessuno ti dà spazio, al massimo ti concederanno un buchino del cazzo in cui infilarti. E lì, come un ragno paziente, tesserai la tua tela nell'ombra in attesa dell'occasione giusta per mangiarli.

giovedì 15 giugno 2017

sciatteria

Premessa: all’inizio non volevo mettermici, ma dopo aver letto il pezzo di Gramellini, che non amo troppo, dico la mia sull’argomento. Cosa è successo: è venuto fuori nelle ultime ore che alcuni passaggi citati nel discorso per il Nobel di Dylan siano presi da un bignami e non dai libri originali. Ovviamente non se n’è accorto nessuno, almeno finché un giornale non ha fatto una ricerca e allora si è sollevata la pietra dello scandalo. Quello che è sfuggito a molti, anche perché non credo lo abbiano letto, è che nel suo discorso Dylan non dice: Ho letto Moby Dick e mi è piaciuto un sacco. Dice che molti dei temi che affronta nelle sue canzoni discendono o hanno cose in comune con gli archetipi che si ritrovano in alcuni grandi classici come Moby Dick o l’Odissea che ha letto da bambino e che gli sono rimasti dentro tanto quanto le canzoni di Buddy Holly o di Leadbelly. Così, e chi ascolta Dylan lo sa, quando nel discorso descrive la fine di Achab, con le acque del mare che si richiudono sopra di lui, Dylan sta ancora parlando di House Carpenter, antica ballata anglosassone da cui discende la sua Man in the Long Black Coat del 1989. Di quei classici, di cui ripete due volte gli interessano i temi, gli archetipi, e mai una volta si ferma a parlare di come sono scritti, cita alcuni passaggi utili alla sua esposizione, riprendendoli probabilmente dal bignami – così come io li prenderei da Internet se dovessi scrivere un pezzo letterario senza volermi impelagare nella ricerca bibliografica – ma con la colpa, più o meno grave, di non aver poi controllato le fonti. È sciatteria, è vero, proprio come dice Gramellini. La stessa sciatteria che ha caratterizzato molta della sua opera, ed è una sciatteria, aggiungo, molto "americana". Ma è, aggiungo ancora all’indirizzo di Gramellini (ed è il motivo per cui scrivo questo post), la stessa sciatteria nei confronti delle fonti che ormai caratterizza tanta stampa italiana, e non solo, con maggiori colpe etiche e ben altre conseguenze sulla vita delle persone.

mercoledì 14 giugno 2017

sto scrivendo una storia

Ogni anno, quando finisco un corso, c’è sempre un ragazzo o una ragazza che poi mi chiama per dirmi: Sto scrivendo una storia, ho bisogno di consigli, ti va di leggerla? E io sono contento, perché vuol dire che ho fatto bene ciò che dovevo, cioè instillare l'amore per le parole. Quando lo racconto c'è chi mi dice che il mondo non ha bisogno di nuovi scrittori, ma, se è per questo, il mondo non ha nemmeno bisogno di vecchi scrittori. Il mondo ha bisogno soltanto di persone che amano le parole, da leggere e da scrivere, ma soprattutto che hanno voglia di parlarne.

martedì 13 giugno 2017

sincerità (?)

Oggi ho fatto un errore da principiante. Mi ha contattato una ragazza che ha da poco pubblicato un libro di poesie e mi ha dato una copia, e parlandone le ho detto che almeno lei è carina e venderà. Lei all'inizio se l'è presa. Mi ha detto che sono come tutti gli altri, che nel momento stesso in cui le dico che è carina non rispetto tutto il suo impegno nella scrittura e nego la bellezza dei suoi versi. E qui ho fatto l'errore. Perché, proprio per rispetto di quell'impegno, ho voluto essere onesto sui suoi versi come in genere non sono mai, e le ho detto cosa penso delle sue poesie ribadendo che ALMENO è carina e quindi delle copie del suo libro si venderanno, il che secondo me non è un aspetto trascurabile della faccenda. A quel punto, ferita, se n'è andata. E a me è venuta in mente una frase che diceva il personggio di Philippe Gaston a metà di Lady Hawke, che cioè "i momenti più belli della mia vita me li ha dati la menzogna". E visto che la poesia conta poco o nulla alla fine, magari me la potevo risparmiare la mia sincerità. Potevo dirle sorridendo che è tutto a posto, è tutto bellissimo, vai avanti eccetera e tornarmene sereno a farmi i cazzi miei, e forse adesso stavamo tutti un pochino meglio di quello che stiamo.

lunedì 12 giugno 2017

tentativo di approccio

Si parla di film. Una ragazza (molto molto carina!) si gira verso di me e mi fa: Lillo, se fossi un film tu chi saresti? La mia risposta intelligente (alla maniera di Cochi e Renato): Hai presente Quattro matrimoni e un funerale? Ecco, io sono quello del funerale. Lei ride. Che scemo! Ti dico di sì, quello con la barba che balla, beve e fa rumore tutto il tempo, poi muore a metà e gli leggono una poesia bellissima, quello sono io! Dal suo sguardo penso di aver dato una risposta brillante. Invece interviene l'amica (la solita amica acida-finto simpatica che interviene sempre a questo punto) e getta un'ombra di dubbio sulla faccenda. Ma non era gay quello? La ragazza ride, io rido, poi pian piano la ragazza si gira dall'altra parte e torna ai discorsi suoi con l'altra. Fine del tentativo di approccio. Così imparo, mi dico, mai toccare il cinema nei propri discorsi, se non si è almeno sicuri della sessualità dei personaggi che ti scegli come alter ego, e soprattutto se c'è un'amica in giro.

sabato 10 giugno 2017

la benda

Capita che dopo pranzo mi appisolo e sogno di venire investito da una betoniera sulla strada di casa. Nello scontro miracolosamente non mi faccio quasi nulla ma perdo l’uso dell’occhio destro. Così metto la benda da pirata come Bianciardi e tutti mi dicono che sono più bello e cattivo. Il fatto è che io per davvero ho cambiato carattere, sono diventato cattivo. E così, intanto che mi fate complimenti per la benda, io che sono cattivo faccio piani malefici per uccidervi tutti. State attenti!

una storia vera (e poetica) che ho appena letto

La storia si svolge su una nave italiana chiamata Saturnia, partita il 21 ottobre 1929 da Trieste e diretta a New York. Sulla nave si incontrano tre uomini in partenza dall’Europa. Uno di loro è un avventuriero greco chiamato Stavros Karlpoupolos che si muove di continuo fra New York e Patrasso. È lui, il più intraprendente, che fa amicizia prima con un altro greco assai timido stipato in terza classe, Konstantinos Kavafis, e poi lo presenta a un misterioso ingegnere portoghese che si presenta come Alvaro de Campos. I tre passano un’intera giornata assieme, cercando di riempire, attraverso le loro storie, il tempo del loro lungo viaggio pieno di fantasmi, di speranze e di rimpianti. Ma solo quando Kavafis, prendendo finalmente coraggio, rivela agli altri due di essere un poeta, il portoghese dichiara all’improvviso di chiamarsi Fernando Pessoa, di essere anch’egli un poeta e di non aver mai conosciuto alcun Alvaro de Campos in vita sua. Kavafis, a detta di Karlpoupolos che non ci capisce più niente, prende la notizia con una naturalezza assoluta e sconcertante. Le parole allora cominciano a volare sul ponte con una leggerezza vertiginosa. Eppure è solo un attimo, l’unica giornata insieme di due uomini schivi, che poi si eviteranno, ciascuno rifugiato nella propria solitudine. Arrivati a Londra, li raggiunge la notizia che nel frattempo c’è stato il crollo di Wall Street e che New York è nel delirio, insanguinata da rivolte popolari. I due poeti decidono a quel punto di non proseguire il loro viaggio e scendono lì, dove si perdono di vista per sempre, pur chiedendo entrambi l’indirizzo newyorchese di Karlpoupolos, a cui invieranno mesi dopo le proprie poesie. Nessuno dei due lo chiederà invece all’altro, come per una forma di pudore reciproco. L’avventuriero, in risposta a entrambi, proporrà di fare da tramite fra i due, ma non ci sarà mai risposta. I due moriranno poi a due anni di distanza (nel 1933 e nel 1935), uno ad Alessandra d’Egitto, l’altro a Lisbona, senza realmente sapere chi fosse l’altro incontrato. Karlpoupolos appunta questa storia nei suoi diari, senza che nessuno li legga fino al 2007, quando vengono ritrovati per caso in un monastero greco, mentre si fanno ricerche per un documentario su Kavafis.

venerdì 9 giugno 2017

il corpo di chi scrive

La scrittura che non dice il corpo di chi scrive, che non dice la luce che risalta sull'opacità del testo rendendolo possibile, che cosa potrà mai rivelare?

[Alessandro Carrera, I poeti sono impossibili, Sossella 2016]

mezza età

Sono due giorni che ho visto Trainspotting 2 e ancora non mi passa la sensazione che mi ha dato di essere diventato vecchio assieme a lui e soprattutto abbruttito dal tempo, come le facce dei suoi protagonisti, ma soprattutto come lo stesso film. Fra il primo e il secondo passa la stessa differenza che c'è fra un giovane brillante, matto e paraculo, e la copia ponderata ma senza smalto, vagamente inutile, di uno che arranca confuso intorno alla mezza età.

il morso

Stamattina trovo Mao tutto contento in giardino perché ha acchiappato una lucertola. Gioca con lei con la crudeltà tipica dei gatti e io mi allontano in casa per non vedere che scempio ne farà. Invece, poco dopo lo sento miagolare forte, quasi gridare di dolore. Corro fuori pensando al peggio, ed è la lucertola che gli si è attaccata a una zampa e morde con tutte le sue forze. Lui prova a morderla a sua volta, a scrollarsela di dosso ma quella resta lì attaccata e pinza come un’ossessa. Alla fine, a furia di agitarsi, Mao riesce a staccarsela di dosso e corre verso di me per farsi consolare. La lucertola guerriera resta immobile al centro del giardino, senza più la coda ma con la bocca ancora spalancata e pronta a dar battaglia al mondo. Io prendo la scopa e con un colpo secco la scaccio verso la siepe, dove si nasconde. Mao mi corre dietro spaventato e zoppicante. È la prima volta che vedo un gatto adulto perdere contro una lucertolina, ma devo dire che è una lezione istruttiva. Siamo così abituati a pensare che contro i potenti non c’è storia, che ci soverchieranno in virtù della loro forza immensa, della differenza di peso, che ci scordiamo come un bel morso dato con tutte le nostre forze, con tutta la rabbia e la disperazione che abbiamo in corpo, non solo è lecito, ma è nell’ordine naturale delle cose e delle volte persino funziona.

giovedì 8 giugno 2017

affezioni

Sono sincero, quando leggo sui forum i commenti a libri che non c'entrano nulla col romanzo, di tipi che dicono che non hanno amato quel libro perché preferiscono il romanzo, e preferiscono il romanzo perché vogliono "affezionarsi" ai personaggi, mi scatta dentro come una molla crudele e avrei voglia di rispondere: Ma cercarti una persona in carne ed ossa per scopare ogni tanto, no? Poi torno il signore che sono e taccio, ché tanto io del romanzo non ho bisogno.

mercoledì 7 giugno 2017

beneficenza

«Questa è una casa editrice, non facciamo beneficenza». Appena sentita in un telefilm. Mio fratello scoppia a ridermi in faccia, senza alcuna pietà.

martedì 6 giugno 2017

un sogno molto kafkiano

Ero anziano e vicinissimo alla morte. Mi assegnavano un grosso premio letterario per il coraggio e l’ampiezza del mio lavoro poetico scritto a metà della mia vita, già passata da un pezzo. Ormai decrepito, piegato, quasi cieco e sordo, andavo a ritirare il mio premio. Salivo sul palco commosso e mi inchinavo in lacrime, ringraziando la giuria per quell’ultima attenzione, quasi un ravvedimento in extremis sulla bontà del mio lavoro artistico, frustrato da anni di indifferenza. Ma uno dei giurati a quelle mie parole correva a fermarmi, a togliermi dall’imbarazzo: «No no, ma che dice, stia sereno. Lei non ha capito, lo sapevamo tutti che era bravo, lo abbiamo sempre saputo, anche quando era un giovane ambizioso». «Io non capisco, non ho capito, ma perché, se sapevate, perché tanta crudeltà? Perché un tale spaventoso silenzio?». Lui sorrideva. «Non capisce? Ma era tutto uno scherzo il nostro, per farla rosicare un po’, renderla umano. L’abbiamo burlata due volte. La prima perché ha vissuto una vita intera nel dubbio se meritasse o meno il successo. E la seconda perché alla fine il successo lo ha meritato, ma non avrà il tempo di goderselo, poiché è scritto che morirà domani. Poco importa, visto che ormai non ha più nulla da dire, il successo non le serve a nulla».

statistiche

Ho letto una recente statistica per cui oggi, in Italia, ci sono circa due milioni di poeti (due milioni!). Ancora meglio: due milioni di persone che hanno pubblicato almeno un libro di poesie, senza contare tutti quelli che non pubblicano, che pubblicano solo su riviste o sui siti, che fanno slam, insomma una marea di imboscati del verso. Quando leggi una cosa così, ovviamente, la prima cosa che pensi da editore di poesia è che se ognuno di questi fenomeni letterari comprasse almeno un libro di un collega, il mercato del libro non solo non sarebbe in crisi, ma anzi sarebbe più sano di quello del romanzo. Eppure la cosa davvero straordinaria di questa ricerca è stata scoprire che di questi due milioni di poeti (due milioni!) circa 700.000 (settecentomila!) sono in Lombardia! Una calca immensa! Ma tu immagina le invidie, le maldicenze dietro i sorrisi amichevoli, le lotte spietate per il controllo del territorio. Immagina la paura in metropolitana, quando ti guardi intorno sospettoso e pensi che magari sei circondato da altri poeti e non lo sai! E io che ingenuo chiedevo a Carlo Tosetti come avesse fatto, lui milanese, a venire giù da noi in Puglia. Invece, lui furbissimo, cercava scampo prima che qualche altro poeta lo accoltellasse nel buio per rubargli il posto auto.

complimenti

Mio padre, che aveva avuto esperienza di fabbrica in tempi duri, negli anni Cinquanta, mi diceva che quando il tuo padrone ti dice che ti vuole bene, quello è il momento in cui sta per licenziarti. Il padrone non ti deve voler bene, ti deve volere al lavoro. E l'editore non ti deve fare i complimenti, ti deve pubblicare. 

[Alessandro Carrera, I poeti sono impossibili, Sossella 2016]

venerdì 2 giugno 2017

bucato

Tre giorni che porto la stessa camicia. Mia madre mi dice: Tonio vedi che la gente ti taglia, dice che sei poeta ma anche poco igienico. Cambiati quella camicia! Le rispondo che stavo aspettando il temporale che porta oggi pomeriggio per lavarla... Mia madre, che non sempre mi capisce quando scherzo, mi guarda del tipo: Che ho fatto di male a Gesù?

giovedì 1 giugno 2017

darsi un compito

Mi è appena tornato in mente il ricordo di quando Luca Arnaudo, che scrisse la postfazione al mio Viva Catullo, mi disse che secondo lui ero talmente disperato ed emotivamente vuoto in quei giorni che avrei potuto uccidermi da un momento all'altro senza problemi. Possibile? Mi ha salvato la scrittura. Non la mia, che anzi all’epoca mi servì a ben poco; o come mi disse Lino Angiuli a proposito di quel libro: “non chiedere alla poesia di fare qualcosa che non le compete”. Mi ha salvato la scrittura degli altri, quando ho deciso di fare l’editore e darmi un compito. Certi giorni sono persino felice. Lo ripeto con gratitudine, ma forse non lo dico abbastanza. Sono felice. Anche quando faccio i conti col mio conto o mi vien voglia di picchiare qualcuno con un tubo. Sono felice, mi dico, e tutto passa in mezz’ora circa.