lunedì 30 ottobre 2017

la campana

Nell’ultimo fine settimana sono riuscito a coronare un sogno che mi portavo dietro da anni: visitare i luoghi in cui ha vissuto e scritto Tonino Guerra, Pennabilli, Santarcangelo. È stata una esperienza non solo poetica ma, per certi versi, spirituale. Il testo che pubblico qui sotto l’ho scritto direttamente dopo essere stato nel giardino di casa sua, profondamente commosso da quella visita. La foto, invece, non rende giustizia a quell’esperienza, a cominciare dal fatto che le manca il suono. Dedico questo post a Ewa, lettrice assidua di questo blog, che ho incontrato a Sogliano al Rubicone iersera. È venuta apposta da Bologna per conoscermi e io gliene sono grato. 


Nel punto più alto della casa di Tonino Guerra dove lo sguardo si allarga sull’intera valle intorno c’è una campana donata a Tonino dal Dalai Lama. Con Celeste siamo saliti fin lassù e dal punto più alto di quel mondo dove tutto è verde, dispiegato nelle varie tonalità dell’autunno o mischiato col rosso e l’arancione prima che si faccia rame, ho dato un colpo secco alla campana. Dal metallo si è sprigionato allora un suono potente, che non mi aspettavo da un oggetto così piccolo. Una vibrazione che come un’onda d’urto ha fatto tremare l’aria, me, noi, la valle intorno riverberando sopra ogni cosa e attraversandola. In quella vibrazione mi sono sentito catturato in un movimento universale che già c’era ma si è mostrato soltanto in quella luce, come quando sulla ragnatela si posa l’acqua dal primo mattino. Il movimento avvolgeva ogni cosa allo stesso modo, partendo dal centro della campana e allargandosi intorno per unirle nella sua eco, nell’identico abbraccio in cui tremavo e ridevo. Mi sentivo piccolo e in perfetta armonia con tutto, tanto che poco dopo mi sono girato e una farfalla mi volava intorno contenta e si è posata sulla mia spalla a riposare.

2 commenti:

amanda ha detto...

Ci hai descritto la pace

Ewa ha detto...

Grazie Antonio, non avrei potuto ricevere una dedica più bella. C’era un vento fortissimo quella sera, non un’anima viva in giro, poi quel piccolo teatro che ci ha accolti come una chioccia.